domenica 3 aprile 2011

Sofisticata

Francesco Piccolo è uno scrittore intelligentemente sofisticato, capace di scrivere cose così spaventosamente quotidiane da apparire terribilmente interessanti, soprattutto di questi tempi, in cui la cosa più frequente è confrontarmi con persone il cui unico obiettivo sembra essere quello di convincere il prossimo di possedere qualità non convenzionali e ricercate. La sofisticazione dello stile è un esercizio sterile per persone povere di spirito, degne soltanto della loro cieca ricerca di continuità mediocre, verso cui proprio non riesco a provare quel dorato regno di indifferenza ma solo un'interminabile scia di odio sofisticato. In "Momenti di trascurabile felicità" Francesco Piccolo, con una geniale perfidia che faccio seriamente fatica a non invidiare, racconta frammenti di vita comuni, stravissuti ma assolutamente geniali nella loro sfacciata semplicità. Quello che mi fa sorridere di più è questo:

Mia moglie, quando era una ragazza, è stata fidanzata per molto tempo con un ragazzo che si chiama Michele. Per anni, quando raccontava di averlo incontrato, oppure che aveva avuto notizie di Michele, i suoi familiari dicevano sempre: ma chi? Michele nostro? Quando ci siamo sposati, da quel giorno in poi, quando si parla di Michele, anch'io ho cominciato a dire con una certa soddisfazione: ma chi? Michele nostro?

A lavoro sono stato inserito in un progetto europeo. Ho il compito di studiare e proporre, insieme a dei colleghi stranieri, un nuovo modo di fare una certa cosa e di internazionalizzare un processo. Faccio frequenti conference call e viaggio all'estero per incontrare il mio team. Mi confronto costantemente con modi di pensare distanti e diversi dal mio, sento di trarre un beneficio straordinario da un'esperienza naturalmente multiculturale, incontro persone singolari e sono sedotto dalle storie che ascolto e da quello che imparo. E' incredibile, tuttavia, come proprio nei momenti in cui mi sento maggiormente figlio delle esperienze che faccio io senta un istintivo e sincero bisogno di ritornare alla mia non-famiglia, a mia madre, a mio padre, al pensiero degli anni che trascorrono con questa dannata fastidiosa disinvoltura, a tutte le volte in cui ho bisogno di loro e vorrei dirgli che fatico a saperli lontani. Ci sono dei vuoti e delle mancanze che non è possibile colmare con niente. Negli incastri delle trame dei ricami del tempo ci sono intere stagioni che aspettano di essere vissute e altre che trascorrono silenziose, in attesa di qualcuno che trovi il coraggio e l'arroganza di rimpiangerle.


"...dimentichiamo tutto questo e continuiamo ad andare - gli occhi chiusi, le braccia aperte - in equilibrio, nel nostro monotono sublime."

Robert Lowell, Massimo Volume