mercoledì 15 ottobre 2008

Abbandonando dimenticarsi

Scivola nella più totale inutilità questo ottobre malinconico, tra un umore mai stato così altalenante, difetti approssimativi e fermi immagine sfocati. L'avevo previsto, è vero, ma non pensavo che le cose esterne prendessero pieghe così strane da farmi dubitare delle mie più ortodosse ragioni. Eppure è così e io fatico ancora, malgrado sia ormai prossimo ai TRENTA, a farmene una ragione definitiva: non finisco di stupirmi di quanto possano essere mediocri alcuni contesti dai quali, molto probabilmente, farei solo bene a fuggire. Ma sono umano. Troppo umano.

Non tutto, però, può definirsi da buttar via. Ho conosciuto due persone straordinarie, uno è Albert, drammaticamente pittore e artista (reale e non presunto tale), con una capacità e un talento davvero fuori dal comune, l'altro è Gio, voce, anzi, più correttamente, interprete di un gruppo promettente e straordinariamente evocativo, i Malameccanica. A Gio, in ordine di importanza, devo un pezzo e un racconto. Nel "Castigo delle ossa" Gio mi dedica una strofa: "E forse Fabrizio potremmo anche dirci fratelli benché siamo nati da genitori diversi/ ma tu te la ricordi Per Elisa?/ No tu l'hai mai sentita Per Elisa?/ Rammenta t'ho detto da che parte s'inizia a morire / e deve esserti suonato come un cigno che si rovescia/ o come un bruco che si mozza da solo/ Ma dura il tempo di un ciak questo essere presi da dietro, le mani sugli occhi/ e ti chiedono pure di indovinare chi è..." Sono fiero e lusingato per questo piccolo tributo. L'unico mezzo che avevo a disposizione era provare a raccontare le emozioni che i loro pezzi mi avevano lasciato. C'ho provato, ho scritto una recensione, e Chiara dice che il risultato è eccellente. Trovo giusto fidarmi di lei.
La seconda cosa che devo a Gio sono interminabili chiacchierate notturne e un piccolo aneddoto. Poco fuori Arezzo, sua amata/odiata città ("Arezzo è un porco e mi deve una vita"), qualche tempo fa il comune ha deciso di bonificare un'area e l'ha fatto prosciugando un piccolo lago. Gran parte della popolazione aretina, incuriosita da quello che poteva essere uno spettacolo insolito, si è recata al lago a vedere cosa mai avesse potuto custodire l'acqua. Gio, quella mattina, non è andato al lago perchè sapeva già, o quantomeno immaginava, cosa sarebbe emerso dal fondale. Qualche pesce morto e due lavatrici: nulla di più hanno regalato quelle acque. Ne era talmente certo e consapevole che ha deciso di "non partecipare", di astenersi, di evitare uno spettacolo il cui finale mediocre era già stato opportunamente ponderato e minimizzato. La storiella è semplice ma ha all'interno una morale la cui applicazione è quanto di più complesso si possa pensare. Il raggiungimento della perfetta consapevolezza dei propri limiti, delle proprie ragionevoli aspettative e dei risultati potenziali (o non potenziali) è una delle chiavi interpretative più efficaci per riuscire ad abbandonare agevolmente la trappola della depressione da obiettivi mancati. Allo stesso modo con cui bisogna essere auto-efficaci nel saper valutare le potenzialità (c'ho addirittura fatto un corso in azienda) bisognerebbe saper essere efficaci nel ricondurre in un ottica di assoluta interna consapevolezza qualsiasi sfida mancata, senza per questo, ovviamente, compromettere nessuna delle funzioni creative/propositive. D'altra parte, e in questo Gio è sempre categorico, non può deluderti una situazione che già sapevi, inconsapevolmente o potenzialmente, essere compromessa da contestualità cogenti.
Con tutte le difficoltà del caso da un paio di giorni sto cercando di applicare questo ragionamento. Devo ancora perfezionarlo ma credo di essere sulla buona strada.

Il percorso che mi porterà ad abitare in una casa fantastica è ormai arrivato alle battute conclusive. Gli ultimi passaggi sono stati i più complessi. Quando, a fine luglio, sono stato costretto a formattare quanto (a dire il vero poco) si era pensato, ho creduto che non avrei trovato più lo stimolo giusto per trasformare quelle 4 mura nella mia futura e splendida dimora. Per fortuna, alla fine del temporale emotivo settembrino, ha fatto capolino un sole pallido ma capace di dare nuovi slanci e una marea di nuove idee. Albert, che si definisce "uno che non ha buon gusto ma GUSTO" (la frase è talmente subdola che bisogna essere opportunamente intelligenti per capirla), in maniera del tutto involontaria, ha saputo risvegliare la mia parte che tende al bello, all'estetismo estremo (fanculo lo stile ma fino ad un certo punto). Ho concepito un bagno straordinario e un arredamento raffinato ed elegante, minimal, bianco, nero e con qualche sfumatura di viola acido. Ho scelto una ditta, ho fissato termini, condizioni e tracciato percorsi temporali. Il 10 novembre iniziano ufficialmente i lavori. E' molto probabile che, a causa di alcune consegne sfalsate, non potrò occupare casa prima dell'inizio dell'anno ma sono felice di essere quasi arrivato sano e salvo (e senza soldi) alla fine della corsa. Ci sono quasi.

"Uscire fuori, da un lungo isolamento
e sentire la pressione fra la terra e il cielo
e poi guardarsi intorno, come per la prima volta
e scoprire che non c'è nessun motivo per vedersi da lontano
parlare con un altro sconosciuto,
proiettare nei suoi occhi le risposte
e trovare le risposte che non hai
e ridere di gioia e di malinconia
e poi andare via.
Soli.
In un'atra direzione,
legati ancora per un tratto da una scia di commozione.
Andare via. Da sempre.
E chi sa se sarà vero che ritornerai. Se ritornerai..."

Uscire fuori, Riccardo Sinigallia.

mercoledì 27 agosto 2008

Le case, le cose, le chiese (a Chiusi)

Dopo 3 settimane di ferie coatte Roma mi accoglie nel migliore dei modi, con un cielo dal colore spettacolare, rumori non troppo invadenti, clima caldo ma tollerabile (anche con l'abito) e un traffico praticamente inesistente. Se questa città fosse sempre così sarebbe fantastico. Surreale ma fantastico.

Mi rendo conto di rispondere in modo piuttosto approssimativo a chi mi chiede come sono trascorse le ferie: relax, mare, sole e una buona dose di tranquillità e riposo. Non a tutti ho voluto spiegare i motivi per i quali questa, prima di ogni altra, è stata l'estate emotivamente peggiore della mia vita, mi ha aiutato la scusa, per altro legittima, dell'acquisto della casa e della mancanza di pecunia, mi hanno aiutato gli amici, le bacchettate (e le prese per il culo) di Gianni ad ogni mio accenno di depressione, la simpatia di alcune espressioni dialettali e il rifiuto alla socievolezza di Bobo (c'è sempre chi sta peggio di te, è una regola). Non mi va di dare spiegazioni. Non posso dire di essermi scrollato di dosso una parte del passato recente ma almeno sono riuscito a prendere consapevolezza di alcune dinamiche emozionali, già solo per questo le 3 settimane sono state fondamentali.

E poi, tutto sommato, l'estate ha saputo regalarmi qualche gradevole novità. Ho scoperto di essere "candidato ideale" all'intervento laser per curare la miopia, l' oculista mi ha solennemente dichiarato che in pochi giorni è in grado di visitarmi, operarmi, riabilitarmi, rivisitarmi, e rimandarmi a casa con 11 decimi. Tre colpi di laser che incidono la cornea quel tanto che basta a rendermi, di nuovo, libero dalla decennale schiavitù di occhiali e lenti a contatto: adoro la scienza applicata.
Sharon, eclettica giramondo fotografa di professione, qualche giorno prima di partire, mi ha dedicato un pomeriggio intero e mi ha fatto decine e decine di fotografie. Una cosa va detta: se è vero che io adoro fare foto è altrettanto vero che amo follemente essere soggetto della fotografia e di fotografi competenti. E allora, superato l'imbarazzo dei primi scatti, abbiamo stabilito un feeling pazzesco e il risultato, a parte qualche scatto che potrebbe far seriamente riflettere sui miei gusti sessuali, è eccellente.

Come da consiglio di Tibe ho "violentato" ripetutamente la mia moleskine. Il diario lo leggono tutti ma quel piccolo taccuino nero è solo mio, è il "the dark side" del diario e ne vado orgoglioso: è il cimitero inviolabile dei pensieri ultra-sensibili.
Ho smesso di fumare, come da programma il 14 agosto, una data piuttosto evocativa. Il mio dentista, che poi è anche mio padre, mi ha sottoposto ad una seduta di pulizia e sbiancamento dei denti. 10 minuti di perossido di idrogeno al 20% sui denti, occhiali protettivi e una lampada a raggi UVA puntata sulla bocca artificialmente (e dolorosamente) spalancata. Risultato: i miei denti sono passati dal livello 3 al 2 e, considerando che il livello 1 è bianco neve, direi che sono ora in grado di affrontare il mondo con un sorriso più luminoso che mai. La rinuncia alle sigarette è stata complessa ma chiaramente positiva, peccato che mi sia venuta la psicosi da macchia da caffè, cioccolato e affini e che quindi sia tentato di lavare i denti ad ogni corpo estraneo che varca la soglia delle mie labbra. Come tutte le fissazioni passerà anche questa, per il momento dentifricio e spazzolino a tutta carica.

Inizio a reagire mettendomi in discussione, cercando di evitare il più possibile di ricadere nei torpori paralizzanti e nelle abitudini sclerotizzate di queste ultime settimane. La mia auto non puzza più delle tue sigarette, i tuoi capelli sono quasi del tutto spariti, risucchiati dall'aspirapolvere dell'autolavaggio, ma sogno ancora la tua schiena sudata e le tue rare carezze, frammenti dolorosissimi di ciò che è stato.



"Sono un infinitesimo di me, di te, di me, solo una parte infinitesima (rimane...)".
L'abbandono, Marta sui Tubi (grazie Chiara).

venerdì 25 luglio 2008

Il crepuscolo degli Dei

Catania, 23 Luglio 2008

Se fosse un romanzo di Hemingway e questa fosse Cuba sarebbe una serata fantastica. Invece è Catania e, anche se sono su una splendida terrazza sul mare, c'è una brezza favolosa e io bevo il secondo gin tonic (non ho mai bevuto gin tonic, ma tanto valeva provare), sono la vittima sacrificale del mio malessere interno perfetto, piuttosto che il gaio protagonista di un romanzo.

Stasera c'è un cameriere nuovo in hotel, se ci fossero stati Kema o Santo non mi avrebbero mai permesso di non mangiare ma il destino crudele, evidentemente, c'ha messo tanto di suo e ha deciso di darmi il colpo finale. Non si tradisce il trend di questa settimana di cene-non cene: un toast e 2 gin tonic. Mal di testa e un'inevitabile voglia di vomitare.

Anche le cose che adoro mi tradiscono. Può un appassionato di foto subire violenza dalle foto stesse? Ebbene si: ho scoperto che guardare le foto può fare molto più male di interi millenni di delusioni.
I dolori peggiori sono quelli che ti strappano le emozioni da dentro, che ti costringono all'annullamento totale e ti legano visceralmente ai ricordi e ai rimpianti. Mi parte dallo stomaco questo senso di nausea emotiva, e vorrei per davvero vomitare ogni cosa, annullare ogni pensiero ultra-sensisibile e abbandonarmi completamente all'eterno silenzio della negazione perfetta del pensiero.

Eppure questa è l'ultima sera. Lo devo a me stesso e a tutti le persone che ho tormentato, in queste 2 settimane, con le mie lamentele sussurrate e il mio decadentismo osceno (sarà la "maturità" ma non credo di essere mai stato così drammaticamente pesante nella mia vita). Il segreto, ne parlavo qualche giorno fa con Daniela, non è fuggire da un luogo, fisico o figurato che sia, per trovare la pace. Il segreto è fuggire il "tutto" ma solo per quel tanto che basta per ritornare a se stessi, eliminare il contesto e rivivere la pura essenza della verità ultima, ricucire lo strappo tra le proprie legittime aspirazioni e il senso profondo delle intimità violate.

Io odio la gente che si diverte e ho un bisogno vitale di dolcezza. Domani interrompo questo maledetto digìuno isterico. Domani torno ad essere il virile (quanta violenza in questo aggettivo!) coerente insensibile testa di cazzo che sono. Domani. Stanotte mi godo questa ultra-violenza emozionale perfetta. Domani.

"Lo so, lo so che il mio amore è una patologia. Vorrei che mi uccidesse ora..."
Ci sono molti modi, Afterhours

martedì 15 luglio 2008

La vita illusa

Ti accorgi che stai invecchiando quando prendi perfetta consapevolezza di essere il fratello maggiore, quando ti sostituisci a tuo padre, quando il regalo più costoso è il tuo, quando tutto gira liscio perchè ci stai mettendo anima, cuore e tutte le risorse possibili.
Oggi si è specializzata/laureata mia sorella, è stato un giorno intenso e commovente, ricco di spiritualità e di dolcezze incomparabili. Sono arrivato a commuovermi, non tanto per l'aver preso coscienza dei miei quasi trent'anni e per l'inizio, spero il più glorioso possibile, dei suoi magnificamente piccoli successi, quanto per il contesto emotivo in cui si è tenuta la sua discussione.
Le laurea in storia dell'arte, all'università "la Sapienza" di Roma, si tengono nel complesso museale che ospita i calchi in gesso di alcune delle sculture più famose del mondo classico. Mia sorella ha fatto una tesi sperimentale sull'approccio dei non vedenti al museo tattile e, per riuscire a rappresentare al meglio la problematica, ha visitato alcuni musei con delle persone non vedenti. Antonio e Luciano, due ciechi ormai diventati suoi amici, sono venuti ad assistere alla sua seduta di laurea. Antonio sono andato a prenderlo io a casa, Luciano è arrivato in ritardo, ed è "entrato" in aula a seduta in corso.
Antonio e Luciano, con la più banale delle semplicità, mi hanno dato la chiave di lettura più intensa per decifrare alcune delle pagine più impegnative che riassumono il senso e la misura della vita. Antonio mi ha chiesto di accompagnarlo al bagno, pensavo fosse un'esigenza e, naturalmente, mi sono prodigato a fargli da scorta lungo gli enormi corridoi pieni di statue. A metà percorso ho capito che era una scusa, perchè ad un certo punto ha rallentato l'andatura e, lontano dalle voci e dagli sguardi che lui non può vedere, mi ha chiesto come fosse vestita mia sorella: "mi dici come è vestita Roberta?". Ho iniziato la descrizione nella maniera più raffinata che le mie capacità lessicali potessero permettermi ma credo di non essere stato particolarmente efficace perchè ad un certo punto mi sono interrotto, non riuscivo a continuare: l'ho abbracciato e sono rimasto con quella terribile sensazione di quando ti manca il respiro, perchè ti rendi conto che tutto quello su cui stai basando la tua esistenza non vale nulla. Assolutamente nulla.
Non è andato più in bagno Antonio e, come due vecchi al ritorno dalla passeggiata nel parco, siamo ritornati all'ingresso del museo, nel "corridoio delle attese". Poi è iniziata la discussione, Luciano, poichè la porta era ormai chiusa, è stato accompagnato da una ragazza dall'altra parte del corridoio, dietro la commissione, diametralmente opposto a mia sorella, che discuteva, e a noi, gli spettatori. Mentre mia sorella spiegava come un cieco viva l'arte figurata attraverso la trasposizione del senso visivo in quello tattile, Luciano toccava la statua di gesso che aveva al suo fianco, immaginando forme, distanze ed emozioni che i miei effimeri occhi mortali non potranno mai vedere e percorrere.
Oggi pomeriggio ho trovato il senso di un intera esistenza nella commovente curiosità di Antonio e nella meravigliosa flessuosità delle mani di Luciano. Oggi ho la favolosa presunzione di sentirmi una persona migliore.

E' difficile spiegare a chi non ha esperienza con il caos perfetto il motivo per il quale adoro la piscina e i trampolini. La piscina, d'estate e all'aperto, è un luogo mediamente molto frequentato, dove domina il cemento, le mattonelle blu e dove, per una "tradizione" scientifica che non sono assolutamente in grado di spiegare, manca sempre quella brezza che caratterizza, invece, la spiaggia. La "mia" piscina domenicale è la perfetta rappresentazione dell'idealtipo weberiano di piscina: c'è l'animazione, la musica, l'acquagym, il vociare dei bambini, il rumore dell'acqua e il calore del cemento. Il rituale è semplice: il cemento produce calore, dopo 10 minuti di sole inizio a sudare e capisco che è il momento di immergermi in acqua, allora inizio la lenta manovra che mi porterà al superamento della barriera delle logiche geometrie euclidee. Sistemo il costume, lego il laccio per evitare di perderlo (generalmente ripeto quest'operazione due volte) e, con piccoli movimenti, inizio l'approccio al trampolino di gara che ho scelto. Saggio le distanze, verifico che il corridoio sia completamente libero e salgo sulla pedana azzurra. Fletto i quadricipiti, mi rialzo, li rifletto, e abbasso lentamente la schiena fino a toccare le caviglie con le mani. Guardo in avanti e passo due secondi a concentrarmi perfettamente sul caos intorno a me (il caos perfetto): musica, sudore, voci, urla. Parto come se ci fosse l'omino con la pistola a darmi il via, non sono impeccabile, il mio volo è sciatto e tendo a tenere le gambe sempre troppo aperte ma l'impatto a missile con l'acqua è una delle sensazioni più appaganti che sono in grado di autoreplicare: il caos si trasforma nel più perfetto dei silenzi possibili. E' così che io m'immagino la fine di tutte le cose, come un passaggio prevedibile e al tempo stesso eccellente dal caos al nulla. Dal rumore ingombrante al silenzio assoluto.

Nel frattempo ho scoperto che ci sono silenzi che fanno male più di mille universi di parole, ma questa è tutta un altra storia. Patetica.

"...dove il giorno ferito impazziva di luce".
Amsterdam, Diaframma

domenica 6 luglio 2008

6 Luglio 2008

"...Guardo il sole
di morte estati,
guardo la pioggia,
le foglie, i grilli.
Guardo il mio corpo
di quando ero fanciullo,
le tristi Domeniche,
il vivere perduto.

Oggi ti vestono
la seta e l'amore,
oggi è Domenica,
domani si muore".

Oggi è domenica, domani si muore...

Pier Paolo Pasolini

sabato 5 luglio 2008

Volontà e rappresentazione

Essendo ormai superata la metà, posso tranquillamente affermare che il 2008 rappresenta un punto di svolta fondamentale nella vita del sottoscritto, talmente repentine e drastiche sono state le cose che mi sono accadute dall'inizio dell'anno. Non tutte, ovviamente, hanno avuto lo stesso impatto e tra queste solo alcune tendono a lasciare un'eco più profonda dal momento in cui sono accadute.

In ordine sparso:

Case - dopo estenuanti ricerche, conteggi, prestiti ponte, ipoteche, aiuti di stato, soldi del piano Marshall, sono riuscito a coronare il sogno di ogni trentenne che si rispetti della nuova generazione "precari tutta la vita": sono riuscito a comprarmi una casa.
Esattamente da ieri sono legittimato, da un costosissimo atto notarile, a definirmi "proprietario di prima casa". Il mio conto corrente si appresta a toccare i minimi storici ma la soddisfazione, come insegna MasterCard, non ha prezzo.

Lavoro - era nell'aria ma non mi aspettavo tanto e, soprattutto, in tempi così rapidi. Da product specialist che ero sono stato promosso ad una specie di junior area manager (per me che adoro le nomenclature è una soddisfazione leggere sul biglietto da visita "Sales Field Coordinator"). Un pò di soldi in più, una valanga di responsabilità in più, molto meno tempo libero ma un'opportunità di crescita sostanziale e preziosissima. In altre parole esattamente quello che volevo.

Matrimoni - da qualche anno alcuni miei ex-colleghi di università e coppie di amici avevano iniziato a sperimentare le prime forme di convivenza. Per me, tradizionalmente entità "spirito libero", non rappresentavano altro che forme felici di convivenza forzata dettata da necessità contingenti, tuttavia, l'alternarsi di alcuni matrimoni, quest'anno, ha definitivamente posto il problema del (mio) nostro invecchiamento generazionale. Qualcuno ha già fatto il salto "enti" - "enta", a me manca più di un anno ma gradirei non essere inserito in nessuna delle statistiche sulla crisi dei trentenni.

Sport - stanco dei soliti movimenti in palestra mi sono convinto a iniziare un corso di box tailandese. Ho approcciato questa nuova esperienza con il giusto equilibrio di terrore e curiosità. A distanza di poco più di un mese posso dire di essere particolarmente soddisfatto dei risultati e della tipologia di allenamenti. Ho ridotto i carichi in palestra ma sono molto più "asciutto" e "strutturato" degli anni precedenti.

Favole - un giorno, in maniera del tutto casuale e inaspettata, mi sono svegliato e mi sono accorto di avere a disposizione un paio di ali enormi.
Sono colorate, eleganti e - suppongo - estremamente funzionali. Non vedevo il cielo, perchè era coperto da una fitta rete di rami e di foglie dal colore approssimativo e smunto, allora mi sono armato di forbici e di una buona dose di forza di volontà e ho liberato il mio campo visivo e tutto quello che avevo intorno. L'indaco brillante del cielo ero un invito a sperimentare il fascino indiscreto di un volo annunciato perfetto, ma proprio mentre mi accingevo a fare il grande balzo mi sono accorto che c'era un filo che mi teneva legato a terra. Ho provato a reciderlo ma non ci sono riuscito, ci provo tutti i giorni e in tutti i modi ma pare che la sua esistenza sia indipendente dalla mia volontà. Alcune volte sembra essere sottilissimo, quasi sul punto di spezzarsi, altre volte è spesso, duro e, una volta, ho rischiato di farmi male.
Malgrado tutto, però, sono fiducioso: Prima o poi sarò libero. Non esistono cieli che la mia immaginazione non possa attraversare, non esiste nel mondo "volontà" e nel mondo "rappresentazione" nulla che possa prescindere dalla mia legittima volontà di potenza. Io ci sono.

Esegesi della volontà di potenza: ne Il mondo come volontà e come rappresentazione Schopenhauer sosteneva una tesi affascinante e magnificamente romantica per spiegare il senso del moto dell'individuo. Alla base dell'azione c'è la volontà, che, a sua volta, è alla base dell'essenza di tutte le cose. Il conflitto tra la gestione della volontà razionale, controllata e controllabile, e la volontà irrazionale, senza apparenti motivazioni, è capace di generare terribili insoddisfazioni. L'insoddisfazione, il mancato raggiungimento di una soddisfazione o l'appagamento di un desiderio raggiunto, generano noia. L'unico modo per sfuggire al circolo vizioso della noia è la noluntas, l'affermazione di un principio di volontà alla cui base c'è la negazione assolutamente perfetta delle volontà molteplici. Qualche anno più tardi Nietzsche stravolge l'idea di Shopennhauer, la rende più complessa e, a mio parere, la completa. Non ha senso sfuggire alla volontà: ne La nascita della tragedia Nietzsche suggerisce l'idea di accettare/sfruttare la tragicità del caos fino in fondo. La mancanza di una sovrastruttura metafisica determinata e assoluta (Al di là del bene e del Male) fa assumere un ruolo fondamentale alla realtà contingente e superficiale; in questo contesto la volontà non è più un concetto metafisico (non c'è un bene assoluto o un male assoluto - una verità - su cui misurarsi) ma si cala in un contesto "interpretativo" della realtà: non esiste il mondo, non ci sono valori prestabiliti tout court, ma tante possibili infinite interpretazioni del mondo stesso. "Non esistono fatti ma solo interpretazioni". Va da se che le interpretazioni non possono essere giudicate migliori o peggiori perchè, non esistendo verità assolute, si trovano tutte sullo stesso piano. Ciò che determina l'affermazione di un' interpretazione sulle altre è la volontà di potenza, ovvero la capacità di un'idea di prevalere sulle altre.
La negazione della volontà di Shopenhauer, la negazione dell'eterno ritorno, si trasforma nell'esaltazione del concetto interpretativo dell' eterno ritorno stesso, dell'esaltazione del desiderio di rivivere ogni singolo istante della vita per l'eternità: "la mia formula per la grandezza dell'uomo é amor fati: che cioè non si vuole nulla diverso da quello che é, non nel futuro, non nel passato, non per tutta l'eternità".

"Vorrei sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare
Non sopporto più di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale"

Sogni Risplendono, Linea 77

sabato 26 gennaio 2008

Tempus edax rerum

Così scrivevo il 9 dicembre 2007:
"La fine dell'anno mi costringe a una vita drasticamente ancora più ingarbugliata del solito. C'è da chiudere l'anno, c'è da fatturare, c'è da andare a cena con tutti i possibili e immaginabili clienti, vicino casa e in Sicilia. Il risultato è che arrivo alla fine della settimana completamente scarico e insensibile a qualsiasi forma di stimolo umano e psicologico. C'è da dire, poi, che questo week-end, fatto, praticamente, di 2 domeniche consecutive, non ha di certo aiutato la causa della socievolezza: a parte una fugace uscita con la sempre fedele Valeria, sono rimasto tutto il tempo a casa, con il cervello in stand-by, per consumare il 30% di energia intellettiva in meno, e il sedere ben assestato sulla sedia di fronte al pc. Mi consola il fatto che sono rimaste soltanto 2 settimane di lavoro, poi, grazie ad una splendida composizione di festività, ponti e "rossi sul calendario" sarà possibile usufruire di un periodo di ferie non inferiore a 10 giorni, un periodo in cui mi vieterò categoricamente di pensare agli affari e al business. Il medico (io) prescrive riposo assoluto e leggerezza mentale."
Avrei dovuto completare l'intervento sul diario il giorno successivo, il 10 di dicembre, ma, evidentemente, è successo qualcosa - che a onor del vero nemmeno ricordo - che me lo ha impedito . Poi c'è stato natale, poi capodanno, poi dei meravigliosi giorni in Trentino e poi di nuovo il lavoro, gli impegni, il rinnovato stess.

Lo specchio mi dice che sto invecchiando. Ogni giorno mi sveglio con meno capelli sulla testa: è un fenomeno lento e, per chi mi osserva, quasi impercettibile ma accade, ed è inesorabilmente fastidioso e lesionistico. Sisto continua a negare, mi taglia i capelli con la solita saccente professionalità e sostiene, a tutta forza, la tesi della durata del mio cuoio capelluto. Sono 10 anni che gli chiedo se sto perdendo i capelli e 10 anni che mi dice sempre la stessa cosa: sono forti e non possono cadere. Si diraderanno ma non cadranno. Eppure io me ne vedo di meno. E ne vedrà di meno anche Fabrizio, mio omonimo giovanissimo vicino di casa, che, condomino diligente, mi saluta e mi da del "lei", quasi a voler sottolineare la distanza tra la mia età e la sua generazione, tra l'inizio della mia vecchiaia e la sua prosperosa adolescenza.
Invecchiano anche i miei genitori, in maniera più rapida e meno patetica, e io non posso che dolermi per il tempo che è trascorso e che trascorro lontano da mio padre. Un giorno sarò costretto a fare l'amaro confronto tra l'aver inseguito me stesso e l'aver tralasciato qualcosa. Inevitabilmente la bilancia del tempo penderà sul passato, infischiandosene dei risultati raggiunti e delle posizioni consolidate. Pur nella sua palese ineluttabilità questa prospettiva mi sconforta e mi intristisce.

Giovina e Alessandra, in tempi e contesti diversi, hanno dato un' occhiata al sito e hanno trovato, con mia grande soddisfazione, la voglia di scrivermi.
La prima, dopo essersi giustificata/etichettata come l'intrusa e l'impicciona e dopo avermi rivolto graditissimi e immeritati complimenti (il diario non nasce per piacere ma per raccontare), mi chiede se abbia smesso di scrivere o se, magari, lo stia facendo ad un livello troppo personale per essere pubblicato. Nulla di tutto ciò: continuo a raccontare a me stesso una parte delle mia vita attraverso un tastiera e un sito, solo che sono costretto a fare i conti con il lavoro, i continui spostamenti, la realtà contingente ("non sottovalutare le conseguenze dell'amore").
Alessandra, invece, mi ha mandando una mail e, con pochissime parole, è riuscita a dare la migliore definizione possibile del diario: "ho letto qualche cosa in ordine sparso e mi sono resa conto che hai una piccola paranoia riguardo alla tua età...buffo... E' stato come girare per casa di qualcuno che non conosci e che ti lascia solo a casa sua...è come guardare nei tuoi cassetti..." La similitudine è calzante, io stesso non ne avrei potuto trovare una più azzeccata. Mi piace l'idea di una persona sconosciuta che, col mio permesso, entra dentro casa e, solitaria, fruga nei cassetti e nei ricordi, osserva le foto, gli oggetti, il grado di polvere che li ricopre. E' una specie di malattia mentale, un voyeurismo al contrario di cui vado enormemente fiero.

"Quando considero il piccolo spazio che occupo, e quello che vedo perduto negli infinità degli spazi che ignoro e che mi ignorano, mi atterrisco e mi stupisco di vedermi qui, piuttosto che altrove. Che io sia oggi, piuttosto che allora..."
Da "Perduto Amor" di Franco Battiato.