tag:blogger.com,1999:blog-23284717662511978232024-02-07T06:37:19.217+01:00decadenza.netL'impero alla fine della DecadenzaFabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.comBlogger22125tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-59004094174640304492013-01-07T23:47:00.000+01:002013-01-07T23:47:03.831+01:00La Cattività della Natività (il post-epifania?)<br />
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Se c'è una cosa che mi ha sempre messo un grande senso di tristezza sono gli addobbi natalizi accesi dopo il 6 Gennaio, quella pioggia di luce fuori dai negozi, gli alberi di natale con i rami puntati verso il basso, le stelle comete. Si, soprattutto le stelle comete, con quella loro dinamica staticità, quel senso di irrisolto (come fa ad avere una coda scintillante una stella immobile?), quel luccichio decaduto per la polvere e lo smog. Ricordano, con una meccanica contraria, gli ombrelloni a settembre, quando "la stagione" è finita e solo pochi fortunati godono delle spiaggie deserte e del sole breve e meno aggressivo. Anche i supermercati sono pieni di bancali di panettoni non venduti, di dolciumi prossimi alla scadenza e, per questo, in saldo a tutti i costi, di pesce surgelato dalla dubbia provenienza, di spumante e bibitoni fatti con le bustine dell'idrolitina degli anni 80 (a proposito, devo ad uno speciale regalo di Natale di Luca la scoperta che l'idrolitina esiste ancora, si chiama Cristallina, ha lo stesso logo delle merendine kinder, infatti la produce la Ferrero, e rende l'acqua frizzante, salata e portatrice di calcoli renali, esattamente come qualche lustro fa). Ho vagato tra quei bancali come un sopravvissuto ai bombardamenti su Berlino durante la guerra, non ho comprato dolci (per quello è bastato il fagotto di mia mamma) ma ho fatto una spesa ecosostenibile ed economicamente virtuosa. Mi sono sentito una brava massaia. Mia mamma sarebbe orgogliosa di me, ho pensato. </div>
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Le vacanze sono scivolate via velocemente, regalandomi, per la prima volta da molto tempo, qualche giornata di preziosissimo riposo. Il cuore non ha mai smesso di discutere con i suoi fantasmi, ma una specie di tempesta familiare, i chiarimenti e la rinnovata fiducia nel potere dei legami di sangue mi hanno conferito un ottimismo fanatico e decisamente salutare. La maggior parte delle famiglie si tengono in piedi in virtù di compromessi più o meno accettabili, di silenzi, di rinuncie e di piccoli, continui espedienti. Altre, come la mia, si reggono su una definita individualità dei propri membri e, proprio per questo, basano i propri rapporti su prinicipi di autentica, generosa, mutualità. Sento di non avere mai amato così intensamente la mia famiglia come in questi momenti e non c'è sentimento più bello che questo natale potesse regalarmi. </div>
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Celebro il mio personale album di famiglia con un racconto che Francesco Tarzia, uno scrittore e professore toscano, ha pubblicato qualche anno fa su una rivista letteraria, basandosi sul racconto drammatico di un giovane medico, mio padre, all'inizio della propria carriera. Il racconto si chiama, per l'appunto, "Il dramma di un giovane medico" (Calabria letteraria, n.10, 1994).</div>
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<i>Roberto è adesso un medico affermato con uno studio modernissimo e attrezzatissimo. Ogni estate ci ritroviamo, assieme alle nostre famiglie, sulle spieggie di Soverato, sotto gli ombrelloni bianchi e blu dell’Ottagono: lui, la moglie e due figli; io, mia moglie e un piccolo Yorkshire tutto pelo e voce.</i></div>
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<i>Si rinnova, ogni anno, la nostra amicizia, un sentimento di quelli che non dovrebbero avere mai fine, fatto di stima reciproca, di confronti culturali dopo i quali ognuno si sente un pochino più arricchito, di scambi, di esperienze di vita che, per lui come medico e per me come professore, sono infinite e varie. Manco a dirlo, tra le nostre consorti regna il miglior accordo e diverse sere ci troviamo tutti a folleggiare sulle padane da ballo di qualche locale notturno della zona.</i></div>
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<i>Parlando delle nostre esperienze presenti e passate, quest’estate Roberto mi fa: “Tu che sai scrivere, dovresti saper rappresentare meglio di me una delle mie esperienze più drammatiche”.</i></div>
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<i>Solleticato dalla curiosità raccolgo l’invito: “Proviamo, raccontala!”.</i></div>
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<i>E Roberto comincia...</i></div>
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<i>“Era il 1975 e io, laureato fresco fresco, avevo appena superato l’esame per l’esercizio alla professione e avevo impiantato l’ambulatorio nel mio paese che, allora, aveva poco più di 2000 abitanti, comprese le capre, come si suol dire. Il medico che c’era, era in età avanzata e difficilmente si muoveva da casa, per cui la mia possibile concorrenza non lo infastidiva, perchè sapeva che mi sarei trovato sul groppone tutti i pazienti che lui avrebbe scaricato volentieri, affidandoli alle mie amorevoli cure. Io, giovane ed entusiasta, leggevo ogni giorno il Giuramento di Esculapio, che faceva bella mostra di sè ben incorniciato nel mio studio, e mi vedevo nelle vesti di un angelo di salvezza per molti sofferenti.</i></div>
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<i>Almeno un terzo degli abitanti era dislocato nelle campagne circostanti e i loro abituri non erano forniti di elettricità, di acqua potabile e di fognature.</i></div>
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<i>Questo terzo di popolazione, per evitare di attendere due o tre giorni la visita del vecchio medico, col rischio di veder decollare l’anima del paziente verso il cielo, piano piano cominciò a rivolgersi a me, anche se con una certa riluttanza a causa della mia giovane età. Così cominciai a vedere materialmente molti di quei mali che avevo studiato in teoria, ma, soprattutto, cominciai a toccare con mano la sofferenza e le miserie che assilavano quella povera gente, che, dopo le prime diffidenze, si affidava a me completamente, più che al confessore, e che per sdebitarsi (parlare di onorario era un’ottimistica utopia) si toglieva di bocca il mangiare emi compensava con qualche pollo, una dozzina di uova, la soppressata. Qualche rara volta, in prossimità delle festività più importanti, pagava anche con denaro: lo toglieva, arrotolato e lercio, nei quali lo teneva annodato strettamente o da dentro certi portafogli maleodoranti. </i></div>
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<i>Prima di darti quelle poche carte da mille lire, le palpava, le contava, le ricontava, le strusciava fra i polpastrelli, le guardava con dolore come se stesse per separarsi dal figlio prediletto: poi te le abbandonava tra le mani e se ne andava via con i lucciconi agli occhi. E ti lasciava con un immenso senso di colpa e con un vuoto alla bocca dello stomaco, come se glieli avessi rubati. Unghie incarnate, ferite di tutti i tipi, morsi d’animali e punture d’insetti, coliche, indigestioni, influenze, mal di fegato, ulcere, reumatismi, emorroidi, cardiopatie: mi andavo facendo una vasta casistica. Solo che i miei poveri pazienti, anche a causa della scarsità d’acqua, non avevano ancora imparato a farsi un buon bagno prima di andare dal medico, per cui il bagno lo facevo io, almeno tre volte al giorno, per cercare di togliermi di dosso il selvaggiume trasmessomi dai miei pazienti. Il mio vecchio collega, che almeno agli inizi doveva averla passata peggio di quanto la stavo passando io, quando mi incontrava mi faceva un sorriso di sincera comprensione e mi diceva: “Allora, caro collega, come va? Hai visto quanto c’è da fare? Se posso esserti utile in qualche occasione non mi risparmiare!”. Ed in effetti, certe volte, seduti al bar, tra una chiacchiera sulla politica locale ed una barzelletta allegra, parlavamo anche di casi particolari, scambiandoci le nostre opinioni. </i></div>
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<i>Erano ancora tempi in cui fra colleghi ci si aiutava. La sera andavo a letto tardi perchè studiavo e dovevo riordinare le idee sui vari casi che avevo per le mani. </i></div>
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<i>Eravamo giunti a Dicembre, alla festa dell’Immacolata, e una notte senti bussare all’uscio. Stanco com’ero mi ripromettevo di rimandare la sicura grana al giorno dopo ma... “Signor Dottore, perdonatemi se vi importuno a quest’ora della notte, ma dovreste venire urgentemente a casa, che c’è mia figlia Rosina che sta morendo per una colica. Si sta contorcendo dal dolore e noi non sappiamo cosa fare”.</i></div>
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<i>Di fronte a tanta disperazione non seppi dire di no. Mi rivesti, presi la valigetta, feci incetta di medicinali vari (tanto lo sapevo che mi sarebbe toccato dare un’occhiata agli altri membri della famiglia) e salii sul motocarro del mio clienti.</i></div>
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<i>Dopo mezz’ora di scossoni e di sbatacchiamenti, in un buio che solo la sua conoscenza dei luoghi permetteva di violare, giungemmo in un rifugio rabberciato alla meglio, un pò in muratura, un pò in legno ed il resto in vecchie lamiere procacciate chissà dove. Entrammo in quell’unico ambiente dove si svolgeva la vita quotidiana notturna e diurna di tutta la famiglia (un pò come nei trulli pugliesi). Era tutto là dento: cucina, stanza da pranzo, stanza da letto, studio per i bambini che frequentavano la scuola. Come divisorio una coperta tarlata, che penzolava quasi fino a terra, appesa per lungo al soffitto.</i></div>
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<i>Il cesso era un casotto sito all’esterno, vicino alla concimaia.</i></div>
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<i>Entrato dentro vidi tutta la famiglia che mi aspettava: la moglie e tre maschietti dai tre ai dieci anni: Rosina era sdraiata sul letto e si lamentava. L’unica luce a disposizione, quella soffusa da tre puzzolenti lampade di latta ad olio con lo stoppino.</i></div>
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<i>“Buonasera Filomena, cosa cosa ha la nostra Rosina? Fa i capricci?”. </i></div>
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<i>“Signor Dottore! Il signore vi benedica! La povera piccolina sta morendo per le coliche: è dalle dieci che grida! Le abbiamo dato la camomilla con un pò di papavero ma non le ha dato beneficio. Allora ci siamo decisi a chiamarvi!”.</i></div>
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<i>“Quanti anni ha la signorina?”.</i></div>
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<i>“Macchè signorina! E’ una bambina! Deve ancora finire sedici anni”</i></div>
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<i>“Beh, adesso la visitiamo, le diamo una bella medicina e così le passerà tutto”.</i></div>
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<i>Rosina si ribellò: “non voglio essere visitata. Non voglio che mi vedano i miei fratelli. Tra un pò mi passa, come l’altra volta”.</i></div>
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<i>“Allora no nè la prima volta? Facciamo così, Rosina: mettiamo la tenda in modo che i fratellini non ti vedano, così ti posso visitare”.</i></div>
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<i>Dopo un pò di tira e molla, Rosina acconsentì. Tirai giù la coperta tarlata e cominciai l’indagine. Come le alzai la veste logora e sporca per tastarle l’addome restai impietrito: mi trovavo davanti ad un pancione di una gravida di almeno sette mesi. Ma come non se n’erano accorti? Soprattutto la mamma?</i></div>
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<i>Essendo alle prime armi, sperai di essermi sbagliato: chissà poteva darsi che si trattasse di un caso di idropsia! Non avendo avuto ancora esperienze di gravidanze e di parti, feci una visita accuratissima, ripetendo a mente tutta la sintomatologia che avevo studiato all’università. I segni rilevatori erano inconfondibili, soprattutto l’alone brunastro intorno ai capezzoli: non c’era alcun dubbio, Rosina era incinta! Allora con molta delicatezza la ricoprii e incominciai a interrogarla.</i></div>
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<i>“Allora Rosina, dimmi la verità. Hai un fidanzato? Qualche ragazzo che ti viene dietro?”.</i></div>
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<i>“Che dite, signor dottore, tutto il giorno a lavorare!”.</i></div>
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<i>“Possibile che una bella ragazza come te non abbia ancora il fidanzato? Allora gli uomini di qua sono ciechi?”.</i></div>
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<i>“Ma che fidanzato e fidanzato! Io non ho nessuno, anzi, non fatevi sentire da papà che dite queste cose”.</i></div>
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<i>Allora fui costretto ad essere più esplicito: “Senti Rosina, a me non pui prendermi in giro: tu si incinta, gravida, aspetti un bambino! Qualcuno deve essere stato a farti questo servizio!”.</i></div>
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<i>“Ma che andate dicendo! Io non ho mai avuto rapporti con nessuno! Nessuno mi ha toccato! Chiamate la mamma!”.</i></div>
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<i>Tutto questo a bassissima voce! Dolo qualche altro diniego, alfine Rosina sbottò: “Io non so niente: Nicolino sa quello che ha fatto!”.</i></div>
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<i>“E chi è questo Nicola?”.</i></div>
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<i>“E’ mio fratello il grande, ha 19 anni e fa il soldato. Ogni volta che viene in licenza mi fa fare certe cose perchè dice che le devo imparare”.</i></div>
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<i>Mi sentii crollare il mondo addosso! Come facevo adesso a spiegare a quei poveri genitori che avevano l’unica figlia gravida e per giunta per opera del fratello maggiore? Con la mentalità di quella gente c’era da scatenare una tragedia!</i></div>
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<i>Come alzai la tenda, la povera madre era pronta con la catinella e il sapone per farmi lavare le mani: sul suo volto c’era un’ansiosa aria d’attesa fiduciosa!</i></div>
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<i>“Allora, sigor dottore, non è niente? Le passerà presto?”.</i></div>
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<i>Mentre mi asciugavo le mani, mandai fuori con una scusa, e nonostante il freddo notturno, i tre fratellini perchè non sentissero; poi, cercando disperatamente le parole che credevo più adatte e più rassicuranti, con la maggiore delicatezza che riuscii ad esprimere, misi al corrente quei disgraziati genitori della situazione. In un primo tempo essi rimasero increduli ma, poi, l’evidenza dei fatti e la confessione di Rosina li fecero crollare. La madre scoppiò in lacrime; il padre s’impietrì e mi disse con voce che sembrava di ghiaccio: “Grazie signore dottore. Ora vi accompagno a casa visto che sarete stanco”.</i></div>
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<i>Durante il viaggio di ritorno, tra un sobbalzo e l’altro, cercai di spiegargli che non si poteva dare la colpa a nessuno e che erano cose che potevano capitare. Era come parlare con la notte: non spiccò parola.</i></div>
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<i>La mattina, alle sette, era ancora buio e avevo fatto, si e no, tre ore di sonno, quando fui risvegliato dallo squillo disperato del campanello. Mi alzai inferocito e mi affacciai: “chi è a quest’ora?”.</i></div>
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<i>“Correte dottore, Rosina mia sta morendo!”.</i></div>
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<i>Senza pensarci due volte mi misi addosso quello che riuscii a trovare e, con la valigetta dei ferri ed il sacchetto dei medicinali, mi buttai nel motocarro che stava già mettendosi in moto. Invece della mezz’ora ci impiegammo venti minuti e fra le capocciate e le gomitate, venni a sapere che Rosina, alzatasi nella notte per andare al cesso, era caduta nel vicino fosso ed aveva abortito.</i></div>
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<i>“Abbiamo chiamato subito la levatrice che ha tirato fuori il feto e voleva che fosse chiamato l’altro medico perchè Rosina perdeva sangue, ma io sono subito venuto a chiamare voi”.</i></div>
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<i>Come il motocarro si fermò, mi precipitai subito dentro e mi sembrò di vedere dal vivo una di quelle scene infernali illustrate da Gustavo Doré per la Divina Commedia: in una bacinella il feto morto e insanguinato; sul letto, Rosina, pallida come un cencio, con la mammana (levatrice) che continuava a cambiarle panni insanguinati. </i></div>
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<i>La mamma piangeva silenziosamente dondolando la testa e strappandosi i capelli, e i tre fratellini atterriti, abbracciati insieme, stretti in un angolo. Presi subito in mano la situazione: con l’aiuto della levatrice visitai la povera Rosina: sembrava le fosse passato sopra un trattore; non c’era parte del corpo che non presentasse ferite. </i></div>
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<i>Era davvero caduta nel fosso? Anche lei lo giurò e lo spergiurò ed io non ebbi il coraggio di andare più a fondo. Feci quanto era nelle mie possibilità poi convinsi i gentori a fare denuncia dell’accaduto e provvidi a fare ricoverare Rosina in ospedale. </i></div>
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<i>Dopo l’Epifania vennero a trovarmi Rosina col padre. Rosina si era rimessa abbastanza bene ora era ben vestita e figurava meglio, ma era ancora pallida e smagrita.</i></div>
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<i>“Signore dottore, Rosina è voluta personalmente venire a ringraziarvi per quanto avete fatto quando ha avuto quella colica (e calcò forte sulla parola colica) ed ha voluto portarvi questo regalo”. E mi porse una busta tutta unta di ditate e quattro caciocavalli. Strizzandomi l’occhio: “sono le provole che facciamo per noi”.</i></div>
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<i>Poi aggiunse gravemente: “Nicolino non può più tornare a casa perchè ha trovato lavoro in Svizzera e appena finisce di fare il militare si trasferisce subito là”.</i></div>
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Francesco Tarzia è morto qualche anno fa. Era una persona profonda e straordinariamente simpatica per cui sono sicuro che mi perdonerà se mi sono preso la libertà di tradurre in italiano tutte le frasi originariamente scritte in dialetto.</div>
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Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com25tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-55831799358379655972012-09-02T14:53:00.000+02:002012-09-02T14:53:35.284+02:00Via della Memoria snc<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La casa della memoria ha un indirizzo preciso e dei
connotati perfettamente identificabili, è una via, un palazzo, una porta senza
chiave. La conosco da quando sono nato e custodisce, immutabile, i ricordi
della mia prima vita. Mio padre, che poi è il suo sovrintendente, la conserva
con la stessa attenzione e perizia che userebbe un antiquario per preservare le
sue opere d'arte più significative e di valore e questo permette alla casa
della memoria di mantenere inalterate tutte le possibili reminiscenze. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da un tappo bianco incastrato nel<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>buco del lavandino parte il mio personale
viaggio nelle stanze di quella casa. E non posso non rievocare i<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>tentativi di rimuovere, con qualsiasi arnese
domestico possibile, quel piccolo tappo bianco incastrato troppo in <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>basso, la paura di mia madre di aver
compromesso la capacità di scarico, il terrore di dover smontare il lavabo e
della polvere degli operai. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In barba a qualsiasi logica idraulica quel piccolo tappo del
tubetto di "cortison chemicetina" è ancora al suo posto. Certo è meno
bianco e brillante di una volta ma ha superato agevolmente gli incastri del
tempo e rimane lì, a ricordarmi che potrò abitare centinaia di case diverse in
mille città diverse ma che mai potrò separarmi completamente dalle tracce di
ciò che è stato. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Le piastrelle verde scuro, il brusio della luce bianca del
neon dietro lo specchio, il rumore incontaminato della cinematica delle cose:
tutto ha un senso preciso e una logica emozionale che conduce al passaggio
successivo, ai cassetti, ai libri (che aprono altri infiniti universi di
memoria), alle fotografie. Per ogni oggetto che sposto, per ogni libro che apro
e lascio fuori posto c'è mio padre, che mi segue come un segugio e con una
dolcezza che mi commuove rimette metodicamente ogni cosa al suo posto,
preservando, inconsciamente, il cammino del percorso della memoria. Non credo
sia consapevole della missione che la nostra storia familiare gli ha affidato
ma sono sicurissimo che continuerà a svolgerla con una dedizione che lo scorrere
del tempo contribuisce a rendere sempre più armoniosa e poetica.<br />
<br />
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Sono settimane che Roma non vede la pioggia e forse è per
questo motivo che oggi, una domenica qualunque di settembre, il tradizionale
silenzio del non lavoro si mischia con un'aspettativa collettiva vagamente
sacrale della pioggia. E' quasi religioso il silenzio che accompagna le caduta
delle prime, piccole goccioline e il quadro complessivo che si disegna in cielo
non altera l'equilibrio della luce nè il non-suono del silenzio. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Aspettavo e desideravo questa pioggia. Mi obbliga ad una
forzata clausura e annulla qualsiasi necessità di giustificazioni improbabili.
Nell'immutabilità di questa specie di prigionia domestica concentro tutte le
forze sulle energie invisibili che vibrano ancora fortissime nell'aria. Sono
frasi patetiche scritte su post-it che sfidano con invidiabile tenacia le forze
di gravità. Pietre preziose rarissime in un universo di cocci di vetro,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>frammenti di una vita dolcissima di cui ho
smisurata nostalgia e incalcolabile desiderio.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<i>Se non ti vedessi più avrei la sicurezza</i><br />
<i>che stavo sognando, che nulla era vero</i><br />
<i>che il mio letto galleggia</i><br />
<i>in un mare di sogni che facevo per noi</i><br />
L'estate di domani, Diego Mancino <br />
<br />Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-40240830320491821102012-07-01T00:25:00.000+02:002012-07-01T00:25:09.674+02:00La guerra è finita!<div style="text-align: justify;">
Il rumore sordo - il tonfo - di una pesante porta di metallo che si chiude può diventare, ad alcune longitudini emotive, una specie di richiamo naturale verso un puerile desiderio di rilascio meta-dimensionale, lo stargate attraverso cui tentare un improvviso salto nelle curvature dello spazio-tempo, oltre i concetti, le filosofie, le parole, dove l'unica regola è una sterile e allo stesso infinitamente complessa sequenza di numeri, dove l'unica verità è essere. O il suo esatto contrario.<br /><br />La televisione sputa immagini confuse, parole gutturali e sottotitoli che non sono nemmeno in grado di decifrare ma con mia grande meraviglia mi restituisce la luminosità che volevo, la migliore di quelle possibili, almeno nelle condizioni in cui mi trovo. <br /><br />Ho smesso di scrivere quando tanti hanno iniziato a chiedermi del "blog". Come se un diario, approssimativo riassunto di un esistenza interamente individuale, potesse essere aggiornato come un almanacco del giorno dopo. <br />Non ho mai scritto per la soddisfazione di essere letto e quindi, per definizione, ho sempre evitato di cadere nella trappola dei blogger di professione o, peggio ancora, di coloro i quali, attraverso più moderni social network, si sono scoperti geniali scrittori creativi in meno di 140 caratteri.<br />Parafrasando uno dei migliori album usciti in questi ultimi anni, Federica, oramai un bel pò di tempo fà, ha definito questo mio tentativo di sforzo creativo, una "cattiva abitudine". Non ricordo il contesto, ma mi piace pensare che il senso ultimo di quella definizione fosse l'intenzione di descrivere il percorso - prima ancora che l'esegesi - attraverso cui su origina il caratterere costruttivo/distruttivo delle mie parole. <br /><br />"...e così veniamo avanti, simili in tutto a quelli di ieri, aggrappati ad un'immagine condannata a descriverci"<br /><br />Spengo la televisione. Tutto dovrebbe essere più buio, almeno così avevo immaginato, ma le finestre filtrano le luci del cortile interno e lo schermo del computer, inevitabilmente, fa danzare le ombre delle mie dita sulla tastiera. Il frigorifero, poco distante da me, malgrado l'unica sua funzione sia quella di raffreddare solo quel poco di acqua al suo interno, emmette gorgoglii sinistri e fuori dal comune. Penso cose stupide, tipo che le differenze tra due popoli si possano misurare anche attraverso l'efficenza e la distribuzione negli ambienti degli elettrodomestici, che il polietilene è il più elementare dei polimeri sintetici ma serve a tante cose, che le padelle di ceramica hanno cambiato il mio modo di cucinare i cibi. Cose stupide. Appunto.<br /><br />Un'ora fa cercavo una penna e ho trovato un computer. Ora sono stanco. Ho sonno. Domani è primo luglio e l'unico mio desiderio è che qualcuno mi svegli citando un vecchio film. "Sveglia. La guerra è finita".</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-83182210744178805582011-04-03T17:15:00.003+02:002011-04-03T17:22:59.462+02:00Sofisticata<div style="text-align: justify;">Francesco Piccolo è uno scrittore intelligentemente sofisticato, capace di scrivere cose così spaventosamente quotidiane da apparire terribilmente interessanti, soprattutto di questi tempi, in cui la cosa più frequente è confrontarmi con persone il cui unico obiettivo sembra essere quello di convincere il prossimo di possedere qualità non convenzionali e ricercate. La sofisticazione dello stile è un esercizio sterile per persone povere di spirito, degne soltanto della loro cieca ricerca di continuità mediocre, verso cui proprio non riesco a provare quel dorato regno di indifferenza ma solo un'interminabile scia di odio sofisticato. In "Momenti di trascurabile felicità" Francesco Piccolo, con una geniale perfidia che faccio seriamente fatica a non invidiare, racconta frammenti di vita comuni, stravissuti ma assolutamente geniali nella loro sfacciata semplicità. Quello che mi fa sorridere di più è questo:<br /><br /><span style="font-style: italic;">Mia moglie, quando era una ragazza, è stata fidanzata per molto tempo con un ragazzo che si chiama Michele. Per anni, quando raccontava di averlo incontrato, oppure che aveva avuto notizie di Michele, i suoi familiari dicevano sempre: ma chi? Michele nostro?</span> <span style="font-style: italic;">Quando ci siamo sposati, da quel giorno in poi, quando si parla di Michele, anch'io ho cominciato a dire con una certa soddisfazione: ma chi? Michele nostro?</span><br /><br />A lavoro sono stato inserito in un progetto europeo. Ho il compito di studiare e proporre, insieme a dei colleghi stranieri, un nuovo modo di fare una certa cosa e di internazionalizzare un processo. Faccio frequenti conference call e viaggio all'estero per incontrare il mio team. Mi confronto costantemente con modi di pensare distanti e diversi dal mio, sento di trarre un beneficio straordinario da un'esperienza naturalmente multiculturale, incontro persone singolari e sono sedotto dalle storie che ascolto e da quello che imparo. E' incredibile, tuttavia, come proprio nei momenti in cui mi sento maggiormente figlio delle esperienze che faccio io senta un istintivo e sincero bisogno di ritornare alla mia non-famiglia, a mia madre, a mio padre, al pensiero degli anni che trascorrono con questa dannata fastidiosa disinvoltura, a tutte le volte in cui ho bisogno di loro e vorrei dirgli che fatico a saperli lontani. Ci sono dei vuoti e delle mancanze che non è possibile colmare con niente. Negli incastri delle trame dei ricami del tempo ci sono intere stagioni che aspettano di essere vissute e altre che trascorrono silenziose, in attesa di qualcuno che trovi il coraggio e l'arroganza di rimpiangerle.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwXD-Cg7XV4Zl2aFTSGAsF1tESo052iF2fHY16EoHN2Pt2F2w6waszb9jtF9ccyDMuLmpRfrpNt7gPTZVVgUTOYWzwa0P2Z87r9946DBlt62UVwt_uWG2df_d1YjmaV56CRi1WVAZvzLlC/s1600/36piccola.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 360px; height: 211px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwXD-Cg7XV4Zl2aFTSGAsF1tESo052iF2fHY16EoHN2Pt2F2w6waszb9jtF9ccyDMuLmpRfrpNt7gPTZVVgUTOYWzwa0P2Z87r9946DBlt62UVwt_uWG2df_d1YjmaV56CRi1WVAZvzLlC/s320/36piccola.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5591377626039110722" border="0" /></a><br />"...dimentichiamo tutto questo e continuiamo ad andare - gli occhi chiusi, le braccia aperte - in equilibrio, nel nostro monotono sublime."<br /><br />Robert Lowell, Massimo Volume<br /></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-91024062105142429712010-10-31T15:46:00.003+01:002010-10-31T16:04:12.083+01:00Cattive abitudini<div style="text-align: justify;">Mi sono svegliato con la stessa voglia di ascoltare i Massimo Volume con la quale ero andato a dormire. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto nei negozi dove sono solito acquistare i miei libri sono stato costretto a ordinare il disco direttamente dall'etichetta discografica, e questo si è tradotto nell'ineluttabile conseguenza che ancora non posso ascoltare il cd e sono costretto a fare ricorso a youtube per godermi "Cattive Abitudini". Di solito ascolto tutto l'album prima di esprimere il giudizio fatale se entrerà o meno nella storia degli album che hanno fatto la differenza. Per i Massimo Volume, ovviamente, saltano tutte le regole: mi innamoro del primo pezzo dell'album e arrivo subito alla conclusione che Emidio è tornato a stupirmi e ad emozionarmi. "Robert Lowell" è un pezzo che restituisce tutte le atmosfere de <span style="font-style: italic;">il primo dio,</span> che ti sussurra frammenti sottili e preziosissimi di immagini appena sussurrate, che sento la presunzione di dover completare e urlare: <span style="font-style: italic;">consideriamo questo piuttosto che il resto, il peso di cose fatte male e fatte in fretta, cumuli di immagini sfocate su cui si punta il dito senza convinzione, solo per poter dire "questo sono io", nell'illusione che ciò che siamo riusciti a dire fosse ciò che avevamo da dire</span>.<br /></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;"><br />Ho il sonno turbato dai termosifoni da spostare, dall'idea che sto dormendo in salotto, dai punti luce immaginari. I tuoni che mi svegliano si sposano con "Robert Lowell". Mi alzo che sono appena le 8, troppo presto per essere domenica, ma è cambiata l'ora legale, Rossella non c'è e sono andato a dormire non troppo tardi. Lo start-up del computer è drammaticamente lento e penso di ingannare l'attesa provando a preparare il caffè con l'ennesima moka che abbiamo comprato. Il risultato è pessimo e comunque non inferiore alle aspettative. Dedico 5 minuti a Youtube e poi mi vedo 5 volte il notiziario della BBC. Rob, il mio insegnante di inglese, mi ha imposto di guardare almeno 4 notiziari e di riportare le informazioni più importanti su uno schemino che ricorda il gioco "nomi-città-animali-etcetc": where-subject-reasonwhy. Ho finito i compiti e inizio a vestirmi. Decido di celebrare questa domenica vestendomi da ufficio ma con colori scuri. Nel piccolo paese della piccola provincia della piccola città in cui sono nato la gente sfoggia gli abiti migliori proprio di domenica mattina. Oggi rispetto questa tradizione: indosso la giacca e i miei pantaloni preferiti, ho la pashmina scura, la barba leggermente lunga e una specie di cresta sui capelli che mi rifiuto di pettinare. Il risultato ha qualcosa di vagamente omosessuale ma mi piace ed esco di casa allegro e soddisfatto. Da qualche parte ho letto che i centri commerciali, nelle grandi città, hanno sostituito le piazze e sono diventati i luoghi di socializzazione per antonomasia. I sociologi rabbrividiscono ma gli architetti sono molto più bravi di loro a creare ambienti confortevoli e adatti a tutte le esigenze. E' mattina presto quindi non trovo la solita confusione domenicale, ho una serie di missioni speciali da compiere e le eseguo con matematica precisione: comprare un caffè di qualità (fatto), comprare un regalo a mia sorella (fatto), comprare un regalo al mio nuovo amichetto Mattia (fatto). Il regalo a mia sorella è la parte più complessa e l'ostacolo più impegnativo. Nelle ultime settimane ho regalato 2 pigiami a Rossella e mi appresto a comprare l'ennesimo indumento, nell'identico negozio, per mia sorella. Entro con aria vaga e approssimativa ma, come se fosse scritto sul vangelo, mi si avvicina la stessa commessa a cui ho chiesto aiuto per i precedenti pigiami. E' mascolina, piena di piercing e ho la netta impressione che mi tratti - giustamente - come uno che compra 3 pigiami da donna in un mese. Supero l'imbarazzo con stoica fierezza, pago e mi faccio fare pure un pacchetto regalo. Sono talmente tanto lanciato che quando Rossella mi chiama e mi dice di comprarle i "leggings-da-calzedonia" affronto un negozio pieno di donne con spavaldo senso del dovere. Ho tutto sotto controllo. E' ora di ritornare a casa. Se mi passa la nausea mi faccio un pranzo favoloso e un caffè da antologia.<br /></div><br /><span style="font-style: italic;">Dimentichiamo tutto questo,</span><br /><span style="font-style: italic;">l'insormontabile scarto<br /></span><span style="font-style: italic;">che fissa il prezzo<br /></span><span style="font-style: italic;">della nostra libertà</span> <span style="font-style: italic;"><br />il terrore dell'assenza</span><br /><span style="font-style: italic;">di oggetti che ci sopravviveranno<br /></span><span style="font-style: italic;">la muta presenza.</span><br /><span style="font-style: italic;">Dimentichiamo tutto questo</span><br /><span style="font-style: italic;">e continuiamo ad andare</span><br /><span style="font-style: italic;">gli occhi chiusi</span><br /><span style="font-style: italic;">e le braccia aperte</span> <span style="font-style: italic;"><br />in equilibrio</span> <span style="font-style: italic;"><br />nel nostro monotono sublime.<br /><br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyvvBzYYyzqXnw3F0Ig8VZkVP3iqF9CkfEC9iLCK4IAIn_hvFvzWm5bB_UXKXSPLt4pufkrT6xSHFGRM7IHajMbqr_tGSxw1JBCjX9c1HVdCIHV95jJ9xK7pGylDO3oCOJW4NTCmMHMECL/s1600/kirn583.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 146px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyvvBzYYyzqXnw3F0Ig8VZkVP3iqF9CkfEC9iLCK4IAIn_hvFvzWm5bB_UXKXSPLt4pufkrT6xSHFGRM7IHajMbqr_tGSxw1JBCjX9c1HVdCIHV95jJ9xK7pGylDO3oCOJW4NTCmMHMECL/s320/kirn583.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5534223101211354722" border="0" /></a></span></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-75119851639884883992010-10-08T23:45:00.002+02:002010-10-08T23:48:05.821+02:00Stazione Eleganza<div style="text-align: justify;">In altri momenti della mia vita ho avuto la presunzione fatale di definirmi un infinito creativo. Pensavo di essere capace di produrre qualcosa che fosse un'idea realmente innovativa, un libro sulla storia di un personaggio che abita nel mio cervello, una raccolta di pezzi composti con sontuosa lentezza durante questi ultimi 10 anni, un olio su tela o un più banale racconto degno di nota. Niente. Di tutti i progetti potenziali che mi illudevo di possedere latenti nelle mie mani non è rimasto che il titolo che avrei dato alle cose: "Stazione eleganza". L'inizio e la fine di un viaggio nella memoria delle cose che il tempo non ha il coraggio di trasformare, perchè ci sarà sempre qualcuno in grado di raccontarle (di visualizzarle, di leggerle), perchè rimarranno immutate nella loro persistente e seducente eleganza.<br /><br />La vita nelle realtà sociali complesse impone dei doveri di relazione che prescindono, per loro stessa natura, da un'intima presa di coscienza individuale. Ritornare a congetturare su se stessi in quanto individui che sono "altri" per gli altri complica ancora di più le cose e pone un'interessante questione sulle sembianze fisiche e psicologiche che offriamo a coloro i quali interagiscono quotidianamente o, ancora peggio, occasionalmente, con noi. Quello che rende quest'esercizio inconsueto è il fatto che ognuno di noi è solito percepire se stesso come una realtà mentale e si abbandona a considerare tutti gli altri come delle realtà fisiche, alcune volte elementari, altre volte complesse, ma quasi sempre solo fisiche. Qualche giorno fa mi sono posto l'inutile problema di capire che modello di persona potevo apparire agli occhi di tutti quelli che interagiscono con me: che colore ha la mia voce, come vengono percepiti i miei gesti, che impatto ha il rumore del tono delle mie parole, come la mia vita apparente possa (o non possa) imprimersi nella memoria visiva dell'interpretazione degli altri.<br />Non riesco a uscire da me stesso e, pertanto, non ho la facoltà e la capacità di vedermi dall'esterno. Occorrerebbe un'altra coscienza, un'altra anima, un punto di vista talmente esterno da non essere più mio. D'altra parte faccio perfino fatica a vedermi ritratto in alcune foto del passato, butto i vestiti vecchi perchè sento che non possono essermi appartenuti, ho pudore nell'ascoltare la mia voce registrata, quell'eco lontano di inflessione dialettale meridionale. Non riesco a vedere oltre la nebbia plumbea che avvolge completamente la coscienza che ho di me.<br /><br />Il silenzio, a volte, è perfetto meta-pensiero allo stato puro. Andrea, un collega più attento e piacevolmente più invadente degli altri, mi chiede se dietro il mio sovrappensiero (la cui manifestazione esteriore è certamente il silenzio) si nascondano non meglio precisati problemi (che nel linguaggio di tutti i giorni definiremo "rodimenti di culo"). Apprezzo lo sforzo e la disponibilità all'indulgenza, ma non ho sufficiente pazienza, né probabilmente voglia, di spiegargli che un amore immenso muove vorticosamente tutti gli universi in costante espansione nel mio cervello. I neuroni, nella loro incessante e vorticosa sintesi della serotonina (C10H12N2O), trasportano ogni mia più intima essenza verso paradigmi emozionali un tempo inimmaginabili. Il senso della vita, in certi meravigliosi giorni, è nel sorriso che le labbra non hanno la presunzione di contenere. Il resto è disordine. E non ci appartiene.</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-42831623061633683252010-08-31T23:41:00.003+02:002010-10-08T23:49:08.429+02:00Aderenze (parte II)<div style="text-align: justify;">Vivere senza l'assurda pretesa di dover pensare. Oggi pomeriggio, all'improvviso, mi sono fermato a riflettere sulla persona che ero. E' stato un momento di grande stanchezza, dopo un lavoro senza particolare rilevanza (anche un lavoro di marketing, malgrado l'apparente creatività che l'espressione suscita nelle persone poco predisposte al business, ha delle lunghe parentesi di noia). Ho appoggiato la testa sulle mani, con i gomiti ben posati sul tavolo, nel tentativo riuscito di frenare il peso della spossatezza. Ad occhi chiusi, in un buio ipotetico, ho ritrovato una parte di quello che ero. Inevitabilmente ho sentito subito la percezione dell'inutilità di tante esperienze che credevo importanti. Vedere, sentire, ricordare o dimenticare: tutto questo si è confuso in un vago dolore ai gomiti e alle mani, in mezzo al solito mormorio tranquillo dell'ufficio in cui lavoro. E' molto difficile riuscire a capire se certi spasmi interiori, proprio per la genesi ambigua e superficiale che hanno, abitino nell'anima o nel corpo, se nascono da un'analisi sistemica della vita o da una più umana e banale indisposizione organica. Che sia stato il pranzo e le poche ore di sonno o le riflessioni di quel momento poco importa: fatto sta che, per un pò, il mio pomeriggio si è riempito di un vago senso di nausea esistenziale.<br />Ho drammaticamente preso consapevolezza del come sono esistito: l'approccio ad alcune emozioni ha assunto i contorni di un inganno dozzinale (come alcuni palazzi in alcune periferie che non abbiamo il pudore di ricordare) e palesemente malato. Ancora adesso, mentre scrivo, mi stupisco di quello che ho provato prendendo consapevolezza di quello che sono. Mi stupisco di tutto quello che i miei occhi non sono riusciti a vedere. Le idee più radicate, i miei gesti più convinti, le mie preposizioni morali altro non sono state che un inganno metodologico, un'ebbrezza istintiva, una colossale ignoranza.<br />A trent'anni ormai ampiamente consolidati ho imparato, sulla mia pelle mai stata così liscia, che possono esistere rivoluzioni molto più significative di quelle generate dall'ambizione senza eleganza di una vita che, nel tentativo di correre più veloce, perde i suoi frammenti più pregiati. Il senso più intimo della mia intera esistenza abita nelle aderenze dei nostri incantevoli risvegli, nelle dolcissime carezze, nelle complicità, nelle lacrime e nell'affascinante disperazione dei distacchi che ancora non ho imparato completamente ad accettare ma che ho l'onore di celebrare ogni volta che i miei occhi impazienti si posano sulle tue labbra adorabili. La mia rivoluzione autentica è in ognuno dei tuoi sorrisi migliori. L'inizio di un universo in costante espansione. In cui vivo e mi perdo. Meravigliosamente.</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-48060523551682561452010-07-24T10:23:00.003+02:002010-07-24T10:28:10.692+02:00La verità degli occhi<div style="text-align: justify;">La voce profonda e l'intimità del basso di Emidio Clementi rendono meno vagamente approssimativo questo risveglio di fine luglio. Il suono del cellulare/sveglia non ha fatto in tempo a violare i miei sogni, l'ho preceduto, come spesso capita, e mi sono alzato con la stessa sensazione di dozzinale rumore di fondo con cui ero andato a dormire. Ho lo stomaco chiuso ma riesco ugualmente a ingurgitare 2 biscotti al cioccolato ormai sciolti dal caldo e uno yogurt. <span style="font-style: italic; font-weight: bold;">E abbiamo camminato incontro a tramonti muti che si ha pudore di guardare e abbiamo dimenticato i nostri corpi inadeguati, sperduti, abbiamo riso. Le nuvole sono immobili e senza contorno...</span> Il sole sembra aver perduto lo splendore degli ultimi giorni, la lenta ripresa dei sensi mi fa percepire un odore affascinante e malinconicamente evocativo: qualche goccia di pioggia sta bagnando la terra. Qualche goccia di pioggia mi ricorda che l'estate sa di non poter essere perfetta. Recupero lo stendino in terrazzo, fortunatamente la pioggia non ha toccato ancora la biancheria e, siccome è asciutta, decido di raccogliere tutto.<br />Non è quasi mai capitato nei momenti importanti, ma nelle esperienze (e la raccolta dei panni è una di queste) che reputo le meno significative e più deprimenti della mia esistenza sono quasi sempre drammaticamente solo.<br /><br /><span style="font-weight: bold; font-style: italic;">Le cose non riescono a trattenere i colori. Dentro questa foto gli oggetti sono solo macchie incerte dai colori differenti...</span> Uno dei ricordi più forti che conservo del mio nonno paterno è il contrasto tra quella che - non faccio nessuna fatica a immaginare - era stata un'esistenza difficile, dettata dalla privazioni della guerra e dalle esigenze basilari di una famiglia più o meno numerosa, e la tremenda infinita dolcezza del suo viso ormai ineluttabilmente invecchiato. Una pesante contraddizione tra il risultato della severità degli anni migliori e le infinite dolcissime lacrime che versava ogni volta che io o mia sorella andavamo ad abbracciarlo.<br />Credo che esista un filo genetico e psichico che lega le generazioni maschili della mia famiglia. Ci sono emozioni perfette che non imparerò mai a gestire nella maniera più razionale, e non possono non rimanere estasiato di fronte alle infinite varietà di colori che si imprimono, con una forza e un vigore sbalorditivo, sulle pagine dei fogli delle mie esperienze.<br /><br />Ci sono uomini che piangono spesso e altri che non verseranno mai lacrime. Io appartengo alla prima categoria.<br /></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-25715973460108627262010-07-06T15:42:00.004+02:002010-07-06T15:48:02.187+02:00Aderenze<div align="justify">Domenica è un giorno strano per iniziare un viaggio di lavoro. Il parcheggio multipiano è praticamente libero e la prima vera stranezza è riuscire a parcheggiare a pochi metri dal terminal. La seconda sono le persone che frequentano l'aeroporto, i gruppi di vacanzieri che tornano da qualche villaggio esotico (o presunto tale), il loro colorito inusuale, i bagagli stracolmi caricati sui carrelli (dai quali pendono gadget e cappelli la cui forma, il buon gusto che mi porto dentro, mi impedisce di ricordare), e la quasi totale assenza di gente vestita come me: abito blu e camicia (senza cravatta) malgrado i 40 gradi all'ombra che Roma regala ai propri calpestatori durante questo periodo dell'anno. </div><div align="justify"><br /></div><div align="justify">Il volo atterra alle 22 e ovviamente arrivo a destinazione con una buona dose di ritardo. Catania mi accoglie silenziosa ma vivamente disordinata. Manco da questa città da febbraio e faccio fatica a ricordare l'ultima volta che ho percorso quelle strade, c'è un traffico muto e forzatamente rassegnato. "E' gente che torna dal mare", mi spiega l'autista. Rinuncio a fargli domande o a simulare interesse per l'andamento disordinato degli altri veicoli, perchè capisco subito che è uno che ha la logorrea latente e io non ho nessuna voglia di parlare a vuoto. Tiene una media di 30km/h, fa strade assurde e alla fine mi ruba 50 euro. Per quanto la disprezzi, l'italica forma di fregare/non fregare il prossimo ha un fascino meschino che non posso fare a meno di ammirare. </div><div align="justify"><br /> </div><div align="justify"></div><div align="justify"></div><div align="justify"></div><div align="justify">In hotel, come al solito, sono accolto calorosamente. La cucina è chiusa ma, da ospite abituale quale sono stato, mi propongono qualsiasi cosa io abbia voglia di mangiare. Rinuncio a costringere il cuoco allo straordinario e ordino un piatto freddo e un bicchiere di vino bianco. Lascio colmo il cestino di pane, separo, da provetto chirurgo, la parte grassa del prosciutto da quella magra e la avvolgo nel melone. Non sono un goloso, il cibo non mi ha mai dato soddisfazioni, ho lo stomaco completamente chiuso ma riesco ugualmente a trovare conforto in quello che ingurgito. Sorseggio il vino e racconto ad un'eccitata Kema gli ultimi 3 mesi della mia vita. L'entusiasmo che ho nel raccontarmi e il modo con cui ripercorro le emozioni e i ricordi stemperano l'angoscia delle ultime ore.Pensavo, a 30 anni, di avere imparato a gestire, almeno da un punto di vista teorico, un'ampia varietà di turbamenti possibili e dover riconoscere a me stesso di non avere la minima capacità di gestire i distacchi non è che l'ennesima meravigliosa novità emotiva di questi ultimi tempi. Sarebbe un errore considerare queste mutate capacità di osservazione come una rivoluzione in senso stretto, perchè in fondo sono figlio di quello che sono stato e delle esperienze che ho vissuto, ma ho una protesi emozionale fiammante e straordinariamente efficace e tutto il vecchio e scontato mondo che ricordavo, visto con questi nuovi occhi, sublima ogni giorno affascinanti paradigmi meta-sensazionali. </div><div align="justify"><br /> </div><div align="justify"></div><div align="justify"></div><div align="justify">Aderenze è il nome che ho dato al nostro personalissimo modo di vivere le quotidiane complicità. Di tutto il resto, futuro compreso, mi faccio beffe, perchè un presente così non era prevedibile nemmeno nelle favole a più lieto fine. Inevitabilmente e indipendentemente dal resto, tutto questo sarà sempre poesia. Pura sublime poesia. </div><div align="justify"><br /> </div><div align="justify"></div><div align="justify"><em>Essere padroni di se stessi calma questo tempo dei gesti, essere padroni di se stessi celebra i ritorni ma non sazia...<br /></em>I ritorni, Amor Fou</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-33930178720248794222010-05-03T22:06:00.002+02:002010-05-03T22:35:01.184+02:00Primavere contrastanti<div style="text-align: justify;">Ci voleva una primavera vaga e approssimativa a farmi capire che i 27 gradini che conducono alla felicità sono una costruzione mentale superabile e - ora posso ammetterlo senza beneficio d'inventario - scarsamente convincente. Ho ignorato il fastidio del clacson della macchina che proprio non voleva farmi passare, ho comprato un quaderno da scuola elementare, perchè volevo raccontare la vita sfruttando le lunghe righe alternate, mi sono sdraiato sull'asfalto ancora parzialmente compromesso dall'acqua della pioggia, ho chiuso lentamente gli occhi e ho trasformato le righe in quadretti, i pensieri in immagini, le divisioni con la virgola che ancora non so a fare in musica da quattro soldi ed emotività allo stato puro.<br />Ancora mi chiedo come il trascorrere del tempo e i miei non accettati trent'anni possano non avere lasciato strumenti in grado di decifrare il contenuto latente del senso perfetto delle suggestioni.<br /><br />Se fossi libero dal paradosso intimo del turbamento sarei forse immune da tutte quelle manifestazioni passionali che da millenni scuotono cuore e cervello degli uomini. L'estetica contemplativa, nel bene o nel male, cede graziosamente e gradevolmente il passo al dinamismo istintivo dell'inadeguatezza costante.<br /><br />Ancora una volta sono tornato ad essere vivo. Come non mai.</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-83772464489667270752008-10-15T22:24:00.005+02:002008-10-16T22:05:39.683+02:00Abbandonando dimenticarsi<div style="text-align: justify;">Scivola nella più totale inutilità questo ottobre malinconico, tra un umore mai stato così altalenante, difetti approssimativi e fermi immagine sfocati. L'avevo previsto, è vero, ma non pensavo che le cose esterne prendessero pieghe così strane da farmi dubitare delle mie più ortodosse ragioni. Eppure è così e io fatico ancora, malgrado sia ormai prossimo ai TRENTA, a farmene una ragione definitiva: non finisco di stupirmi di quanto possano essere mediocri alcuni contesti dai quali, molto probabilmente, farei solo bene a fuggire. Ma sono umano. Troppo umano.<br /><br />Non tutto, però, può definirsi da buttar via. Ho conosciuto due persone straordinarie, uno è Albert, drammaticamente pittore e artista (reale e non presunto tale), con una capacità e un talento davvero fuori dal comune, l'altro è Gio, voce, anzi, più correttamente, interprete di un gruppo promettente e straordinariamente evocativo, i <a href="http://www.myspace.com/malameccanica">Malameccanica</a>. A Gio, in ordine di importanza, devo un pezzo e un racconto. Nel "Castigo delle ossa" Gio mi dedica una strofa: "E forse Fabrizio potremmo anche dirci fratelli benché siamo nati da genitori diversi/ ma tu te la ricordi Per Elisa?/ No tu l'hai mai sentita Per Elisa?/ Rammenta t'ho detto da che parte s'inizia a morire / e deve esserti suonato come un cigno che si rovescia/ o come un bruco che si mozza da solo/ Ma dura il tempo di un ciak questo essere presi da dietro, le mani sugli occhi/ e ti chiedono pure di indovinare chi è..." Sono fiero e lusingato per questo piccolo tributo. L'unico mezzo che avevo a disposizione era provare a raccontare le emozioni che i loro pezzi mi avevano lasciato. C'ho provato, ho scritto una recensione, e Chiara dice che il risultato è eccellente. Trovo giusto fidarmi di lei.<br />La seconda cosa che devo a Gio sono interminabili chiacchierate notturne e un piccolo aneddoto. Poco fuori Arezzo, sua amata/odiata città ("Arezzo è un porco e mi deve una vita"), qualche tempo fa il comune ha deciso di bonificare un'area e l'ha fatto prosciugando un piccolo lago. Gran parte della popolazione aretina, incuriosita da quello che poteva essere uno spettacolo insolito, si è recata al lago a vedere cosa mai avesse potuto custodire l'acqua. Gio, quella mattina, non è andato al lago perchè sapeva già, o quantomeno immaginava, cosa sarebbe emerso dal fondale. Qualche pesce morto e due lavatrici: nulla di più hanno regalato quelle acque. Ne era talmente certo e consapevole che ha deciso di "non partecipare", di astenersi, di evitare uno spettacolo il cui finale mediocre era già stato opportunamente ponderato e minimizzato. La storiella è semplice ma ha all'interno una morale la cui applicazione è quanto di più complesso si possa pensare. Il raggiungimento della perfetta consapevolezza dei propri limiti, delle proprie ragionevoli aspettative e dei risultati potenziali (o non potenziali) è una delle chiavi interpretative più efficaci per riuscire ad abbandonare agevolmente la trappola della depressione da obiettivi mancati. Allo stesso modo con cui bisogna essere auto-efficaci nel saper valutare le potenzialità (c'ho addirittura fatto un corso in azienda) bisognerebbe saper essere efficaci nel ricondurre in un ottica di assoluta interna consapevolezza qualsiasi sfida mancata, senza per questo, ovviamente, compromettere nessuna delle funzioni creative/propositive. D'altra parte, e in questo Gio è sempre categorico, non può deluderti una situazione che già sapevi, inconsapevolmente o potenzialmente, essere compromessa da contestualità cogenti.<br />Con tutte le difficoltà del caso da un paio di giorni sto cercando di applicare questo ragionamento. Devo ancora perfezionarlo ma credo di essere sulla buona strada.<br /><br />Il percorso che mi porterà ad abitare in una casa fantastica è ormai arrivato alle battute conclusive. Gli ultimi passaggi sono stati i più complessi. Quando, a fine luglio, sono stato costretto a formattare quanto (a dire il vero poco) si era pensato, ho creduto che non avrei trovato più lo stimolo giusto per trasformare quelle 4 mura nella mia futura e splendida dimora. Per fortuna, alla fine del temporale emotivo settembrino, ha fatto capolino un sole pallido ma capace di dare nuovi slanci e una marea di nuove idee. Albert, che si definisce "uno che non ha buon gusto ma GUSTO" (la frase è talmente subdola che bisogna essere opportunamente intelligenti per capirla), in maniera del tutto involontaria, ha saputo risvegliare la mia parte che tende al bello, all'estetismo estremo (fanculo lo stile ma fino ad un certo punto). Ho concepito un bagno straordinario e un arredamento raffinato ed elegante, minimal, bianco, nero e con qualche sfumatura di viola acido. Ho scelto una ditta, ho fissato termini, condizioni e tracciato percorsi temporali. Il 10 novembre iniziano ufficialmente i lavori. E' molto probabile che, a causa di alcune consegne sfalsate, non potrò occupare casa prima dell'inizio dell'anno ma sono felice di essere quasi arrivato sano e salvo (e senza soldi) alla fine della corsa. Ci sono quasi.<br /><br />"Uscire fuori, da un lungo isolamento<br />e sentire la pressione fra la terra e il cielo<br />e poi guardarsi intorno, come per la prima volta<br />e scoprire che non c'è nessun motivo per vedersi da lontano<br />parlare con un altro sconosciuto,<br />proiettare nei suoi occhi le risposte<br />e trovare le risposte che non hai<br />e ridere di gioia e di malinconia<br />e poi andare via.<br />Soli.<br />In un'atra direzione,<br />legati ancora per un tratto da una scia di commozione.<br />Andare via. Da sempre.<br />E chi sa se sarà vero che ritornerai. Se ritornerai..."<br /><br />Uscire fuori, Riccardo Sinigallia.</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-23685343651214572242008-08-27T23:26:00.011+02:002008-08-28T00:18:19.113+02:00Le case, le cose, le chiese (a Chiusi)<div style="text-align: justify;">Dopo 3 settimane di ferie coatte Roma mi accoglie nel migliore dei modi, con un cielo dal colore spettacolare, rumori non troppo invadenti, clima caldo ma tollerabile (anche con l'abito) e un traffico praticamente inesistente. Se questa città fosse sempre così sarebbe fantastico. Surreale ma fantastico.<br /></div><div style="text-align: justify;"><br />Mi rendo conto di rispondere in modo piuttosto approssimativo a chi mi chiede come sono trascorse le ferie: relax, mare, sole e una buona dose di tranquillità e riposo. Non a tutti ho voluto spiegare i motivi per i quali questa, prima di ogni altra, è stata l'estate emotivamente peggiore della mia vita, mi ha aiutato la scusa, per altro legittima, dell'acquisto della casa e della mancanza di pecunia, mi hanno aiutato gli amici, le bacchettate (e le prese per il culo) di Gianni ad ogni mio accenno di depressione, la simpatia di alcune espressioni dialettali e il rifiuto alla socievolezza di Bobo (c'è sempre chi sta peggio di te, è una regola). Non mi va di dare spiegazioni. Non posso dire di essermi scrollato di dosso una parte del passato recente ma almeno sono riuscito a prendere consapevolezza di alcune dinamiche emozionali, già solo per questo le 3 settimane sono state fondamentali.<br /><br />E poi, tutto sommato, l'estate ha saputo regalarmi qualche gradevole novità. Ho scoperto di essere "candidato ideale" all'intervento laser per curare la miopia, l' oculista mi ha solennemente dichiarato che in pochi giorni è in grado di visitarmi, operarmi, riabilitarmi, rivisitarmi, e rimandarmi a casa con 11 decimi. Tre colpi di laser che incidono la cornea quel tanto che basta a rendermi, di nuovo, libero dalla decennale schiavitù di occhiali e lenti a contatto: adoro la scienza applicata.<br />Sharon, eclettica giramondo fotografa di professione, qualche giorno prima di partire, mi ha dedicato un pomeriggio intero e mi ha fatto decine e decine di fotografie. Una cosa va detta: se è vero che io adoro fare foto è altrettanto vero che amo follemente essere soggetto della fotografia e di fotografi competenti. E allora, superato l'imbarazzo dei primi scatti, abbiamo stabilito un feeling pazzesco e il risultato, a parte qualche scatto che potrebbe far seriamente riflettere sui miei gusti sessuali, è eccellente.<br /><br />Come da consiglio di Tibe ho "violentato" ripetutamente la mia moleskine. Il diario lo leggono tutti ma quel piccolo taccuino nero è solo mio, è il "the dark side" del diario e ne vado orgoglioso: è il cimitero inviolabile dei pensieri ultra-sensibili.<br />Ho smesso di fumare, come da programma il 14 agosto, una data piuttosto evocativa. Il mio dentista, che poi è anche mio padre, mi ha sottoposto ad una seduta di pulizia e sbiancamento dei denti. 10 minuti di perossido di idrogeno al 20% sui denti, occhiali protettivi e una lampada a raggi UVA puntata sulla bocca artificialmente (e dolorosamente) spalancata. Risultato: i miei denti sono passati dal livello 3 al 2 e, considerando che il livello 1 è bianco neve, direi che sono ora in grado di affrontare il mondo con un sorriso più luminoso che mai. La rinuncia alle sigarette è stata complessa ma chiaramente positiva, peccato che mi sia venuta la psicosi da macchia da caffè, cioccolato e affini e che quindi sia tentato di lavare i denti ad ogni corpo estraneo che varca la soglia delle mie labbra. Come tutte le fissazioni passerà anche questa, per il momento dentifricio e spazzolino a tutta carica.<br /><br />Inizio a reagire mettendomi in discussione, cercando di evitare il più possibile di ricadere nei torpori paralizzanti e nelle abitudini sclerotizzate di queste ultime settimane. La mia auto non puzza più delle tue sigarette, i tuoi capelli sono quasi del tutto spariti, risucchiati dall'aspirapolvere dell'autolavaggio, ma sogno ancora la tua schiena sudata e le tue rare carezze, frammenti dolorosissimi di ciò che è stato.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPkzUL5TdHfLiYmxAaD2FvL9ge04QlVHqvoXsTT_K6YNMKmAPB2T_DEdHfGaWRvLesq1WRQPnP2ezFUS4QXTGmPfhBMthhuibFcsI24FRFPx4htwnRKOz6FPk5P-odGxHREzWTpuJ6r0cE/s1600-h/fabrizio1.jpg"><img style="cursor: pointer; width: 127px; height: 190px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPkzUL5TdHfLiYmxAaD2FvL9ge04QlVHqvoXsTT_K6YNMKmAPB2T_DEdHfGaWRvLesq1WRQPnP2ezFUS4QXTGmPfhBMthhuibFcsI24FRFPx4htwnRKOz6FPk5P-odGxHREzWTpuJ6r0cE/s200/fabrizio1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5239316600714633506" border="0" /></a><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyuV9QYuJWo5Vx05_i-9QRmITw05DinecOnzuQnAhUQ7R52DkKKIEzaBviCt8syd9C2Ad7P5avFYTlB1ZniNbTNNiIGU7-nm94V4KSd4Y26RH49LT4nepZdnLgeFCYjIOX75h_z2BYnM0X/s1600-h/fabrizio2.jpg"><img style="cursor: pointer; width: 125px; height: 190px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyuV9QYuJWo5Vx05_i-9QRmITw05DinecOnzuQnAhUQ7R52DkKKIEzaBviCt8syd9C2Ad7P5avFYTlB1ZniNbTNNiIGU7-nm94V4KSd4Y26RH49LT4nepZdnLgeFCYjIOX75h_z2BYnM0X/s200/fabrizio2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5239316774151524898" border="0" /></a><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3T66EnAcu3MVTmodNYfDVBfzR78C4RPV3YwvcQwB3Np6QBCdiRH7Vn8pR093Fi_hOtuY8UqkgzVt_BXQjB2c9wam8YC6PzFWM2JUStI_X1QaUzH-PIjgehJ-QoHHC1nR-4dBOHCU18kg4/s1600-h/fabrizio3.jpg"><img style="cursor: pointer; width: 127px; height: 190px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3T66EnAcu3MVTmodNYfDVBfzR78C4RPV3YwvcQwB3Np6QBCdiRH7Vn8pR093Fi_hOtuY8UqkgzVt_BXQjB2c9wam8YC6PzFWM2JUStI_X1QaUzH-PIjgehJ-QoHHC1nR-4dBOHCU18kg4/s200/fabrizio3.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5239316885448215826" border="0" /></a><br /><br />"Sono un infinitesimo di me, di te, di me, solo una parte infinitesima (rimane...)".<br />L'abbandono, Marta sui Tubi (grazie Chiara).<br /></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-67725099945822565322008-07-25T23:19:00.003+02:002008-07-25T23:31:46.292+02:00Il crepuscolo degli Dei<div style="text-align: justify;">Catania, 23 Luglio 2008<br /><br />Se fosse un romanzo di Hemingway e questa fosse Cuba sarebbe una serata fantastica. Invece è Catania e, anche se sono su una splendida terrazza sul mare, c'è una brezza favolosa e io bevo il secondo gin tonic (non ho mai bevuto gin tonic, ma tanto valeva provare), sono la vittima sacrificale del mio malessere interno perfetto, piuttosto che il gaio protagonista di un romanzo.<br /><br />Stasera c'è un cameriere nuovo in hotel, se ci fossero stati Kema o Santo non mi avrebbero mai permesso di non mangiare ma il destino crudele, evidentemente, c'ha messo tanto di suo e ha deciso di darmi il colpo finale. Non si tradisce il trend di questa settimana di cene-non cene: un toast e 2 gin tonic. Mal di testa e un'inevitabile voglia di vomitare.<br /><br />Anche le cose che adoro mi tradiscono. Può un appassionato di foto subire violenza dalle foto stesse? Ebbene si: ho scoperto che guardare le foto può fare molto più male di interi millenni di delusioni.<br />I dolori peggiori sono quelli che ti strappano le emozioni da dentro, che ti costringono all'annullamento totale e ti legano visceralmente ai ricordi e ai rimpianti. Mi parte dallo stomaco questo senso di nausea emotiva, e vorrei per davvero vomitare ogni cosa, annullare ogni pensiero ultra-sensisibile e abbandonarmi completamente all'eterno silenzio della negazione perfetta del pensiero.<br /><br />Eppure questa è l'ultima sera. Lo devo a me stesso e a tutti le persone che ho tormentato, in queste 2 settimane, con le mie lamentele sussurrate e il mio decadentismo osceno (sarà la "maturità" ma non credo di essere mai stato così drammaticamente pesante nella mia vita). Il segreto, ne parlavo qualche giorno fa con Daniela, non è fuggire da un luogo, fisico o figurato che sia, per trovare la pace. Il segreto è fuggire il "tutto" ma solo per quel tanto che basta per ritornare a se stessi, eliminare il contesto e rivivere la pura essenza della verità ultima, ricucire lo strappo tra le proprie legittime aspirazioni e il senso profondo delle intimità violate.<br /><br />Io odio la gente che si diverte e ho un bisogno vitale di dolcezza. Domani interrompo questo maledetto digìuno isterico. Domani torno ad essere il virile (quanta violenza in questo aggettivo!) coerente insensibile testa di cazzo che sono. Domani. Stanotte mi godo questa ultra-violenza emozionale perfetta. Domani.<br /><br />"Lo so, lo so che il mio amore è una patologia. Vorrei che mi uccidesse ora..."<br />Ci sono molti modi, Afterhours<br /></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-29905522557132062682008-07-15T22:44:00.003+02:002008-07-16T00:08:20.145+02:00La vita illusa<div style="text-align: justify;">Ti accorgi che stai invecchiando quando prendi perfetta consapevolezza di essere il fratello maggiore, quando ti sostituisci a tuo padre, quando il regalo più costoso è il tuo, quando tutto gira liscio perchè ci stai mettendo anima, cuore e tutte le risorse possibili.<br />Oggi si è specializzata/laureata mia sorella, è stato un giorno intenso e commovente, ricco di spiritualità e di dolcezze incomparabili. Sono arrivato a commuovermi, non tanto per l'aver preso coscienza dei miei quasi trent'anni e per l'inizio, spero il più glorioso possibile, dei suoi magnificamente piccoli successi, quanto per il contesto emotivo in cui si è tenuta la sua discussione.<br />Le laurea in storia dell'arte, all'università "la Sapienza" di Roma, si tengono nel complesso museale che ospita i calchi in gesso di alcune delle sculture più famose del mondo classico. Mia sorella ha fatto una tesi sperimentale sull'approccio dei non vedenti al museo tattile e, per riuscire a rappresentare al meglio la problematica, ha visitato alcuni musei con delle persone non vedenti. Antonio e Luciano, due ciechi ormai diventati suoi amici, sono venuti ad assistere alla sua seduta di laurea. Antonio sono andato a prenderlo io a casa, Luciano è arrivato in ritardo, ed è "entrato" in aula a seduta in corso.<br />Antonio e Luciano, con la più banale delle semplicità, mi hanno dato la chiave di lettura più intensa per decifrare alcune delle pagine più impegnative che riassumono il senso e la misura della vita. Antonio mi ha chiesto di accompagnarlo al bagno, pensavo fosse un'esigenza e, naturalmente, mi sono prodigato a fargli da scorta lungo gli enormi corridoi pieni di statue. A metà percorso ho capito che era una scusa, perchè ad un certo punto ha rallentato l'andatura e, lontano dalle voci e dagli sguardi che lui non può vedere, mi ha chiesto come fosse vestita mia sorella: "mi dici come è vestita Roberta?". Ho iniziato la descrizione nella maniera più raffinata che le mie capacità lessicali potessero permettermi ma credo di non essere stato particolarmente efficace perchè ad un certo punto mi sono interrotto, non riuscivo a continuare: l'ho abbracciato e sono rimasto con quella terribile sensazione di quando ti manca il respiro, perchè ti rendi conto che tutto quello su cui stai basando la tua esistenza non vale nulla. Assolutamente nulla.<br />Non è andato più in bagno Antonio e, come due vecchi al ritorno dalla passeggiata nel parco, siamo ritornati all'ingresso del museo, nel "corridoio delle attese". Poi è iniziata la discussione, Luciano, poichè la porta era ormai chiusa, è stato accompagnato da una ragazza dall'altra parte del corridoio, dietro la commissione, diametralmente opposto a mia sorella, che discuteva, e a noi, gli spettatori. Mentre mia sorella spiegava come un cieco viva l'arte figurata attraverso la trasposizione del senso visivo in quello tattile, Luciano toccava la statua di gesso che aveva al suo fianco, immaginando forme, distanze ed emozioni che i miei effimeri occhi mortali non potranno mai vedere e percorrere.<br />Oggi pomeriggio ho trovato il senso di un intera esistenza nella commovente curiosità di Antonio e nella meravigliosa flessuosità delle mani di Luciano. Oggi ho la favolosa presunzione di sentirmi una persona migliore.<br /><br />E' difficile spiegare a chi non ha esperienza con il caos perfetto il motivo per il quale adoro la piscina e i trampolini. La piscina, d'estate e all'aperto, è un luogo mediamente molto frequentato, dove domina il cemento, le mattonelle blu e dove, per una "tradizione" scientifica che non sono assolutamente in grado di spiegare, manca sempre quella brezza che caratterizza, invece, la spiaggia. La "mia" piscina domenicale è la perfetta rappresentazione dell'idealtipo weberiano di piscina: c'è l'animazione, la musica, l'acquagym, il vociare dei bambini, il rumore dell'acqua e il calore del cemento. Il rituale è semplice: il cemento produce calore, dopo 10 minuti di sole inizio a sudare e capisco che è il momento di immergermi in acqua, allora inizio la lenta manovra che mi porterà al superamento della barriera delle logiche geometrie euclidee. Sistemo il costume, lego il laccio per evitare di perderlo (generalmente ripeto quest'operazione due volte) e, con piccoli movimenti, inizio l'approccio al trampolino di gara che ho scelto. Saggio le distanze, verifico che il corridoio sia completamente libero e salgo sulla pedana azzurra. Fletto i quadricipiti, mi rialzo, li rifletto, e abbasso lentamente la schiena fino a toccare le caviglie con le mani. Guardo in avanti e passo due secondi a concentrarmi perfettamente sul caos intorno a me (il caos perfetto): musica, sudore, voci, urla. Parto come se ci fosse l'omino con la pistola a darmi il via, non sono impeccabile, il mio volo è sciatto e tendo a tenere le gambe sempre troppo aperte ma l'impatto a missile con l'acqua è una delle sensazioni più appaganti che sono in grado di autoreplicare: il caos si trasforma nel più perfetto dei silenzi possibili. E' così che io m'immagino la fine di tutte le cose, come un passaggio prevedibile e al tempo stesso eccellente dal caos al nulla. Dal rumore ingombrante al silenzio assoluto.<br /><br />Nel frattempo ho scoperto che ci sono silenzi che fanno male più di mille universi di parole, ma questa è tutta un altra storia. Patetica.<br /><br />"...dove il giorno ferito impazziva di luce".<br />Amsterdam, Diaframma<br /></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-12840456659381696192008-07-06T08:38:00.004+02:002008-07-06T08:42:48.768+02:006 Luglio 2008<dl><dt>"...Guardo il sole</dt><dt>di morte estati,</dt><dt>guardo la pioggia,</dt><dt>le foglie, i grilli.</dt></dl><dl><dt> Guardo il mio corpo</dt><dt>di quando ero fanciullo,</dt><dt>le tristi Domeniche,</dt><dt>il vivere perduto.</dt><dt><br /></dt><dt>Oggi ti vestono</dt><dt>la seta e l'amore,</dt><dt>oggi è Domenica,</dt><dt>domani si muore".</dt><dt><br /></dt><dt>Oggi è domenica, domani si muore...<br /></dt></dl><br />Pier Paolo PasoliniFabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-34385338236447961772008-07-05T00:15:00.002+02:002008-07-05T00:25:09.989+02:00Volontà e rappresentazione<div style="text-align: justify;">Essendo ormai superata la metà, posso tranquillamente affermare che il 2008 rappresenta un punto di svolta fondamentale nella vita del sottoscritto, talmente repentine e drastiche sono state le cose che mi sono accadute dall'inizio dell'anno. Non tutte, ovviamente, hanno avuto lo stesso impatto e tra queste solo alcune tendono a lasciare un'eco più profonda dal momento in cui sono accadute.<br /><br />In ordine sparso:<br /><br />Case - dopo estenuanti ricerche, conteggi, prestiti ponte, ipoteche, aiuti di stato, soldi del piano Marshall, sono riuscito a coronare il sogno di ogni trentenne che si rispetti della nuova generazione "precari tutta la vita": sono riuscito a comprarmi una casa.<br />Esattamente da ieri sono legittimato, da un costosissimo atto notarile, a definirmi "proprietario di prima casa". Il mio conto corrente si appresta a toccare i minimi storici ma la soddisfazione, come insegna MasterCard, non ha prezzo.<br /><br />Lavoro - era nell'aria ma non mi aspettavo tanto e, soprattutto, in tempi così rapidi. Da product specialist che ero sono stato promosso ad una specie di junior area manager (per me che adoro le nomenclature è una soddisfazione leggere sul biglietto da visita "Sales Field Coordinator"). Un pò di soldi in più, una valanga di responsabilità in più, molto meno tempo libero ma un'opportunità di crescita sostanziale e preziosissima. In altre parole esattamente quello che volevo.<br /> <br />Matrimoni - da qualche anno alcuni miei ex-colleghi di università e coppie di amici avevano iniziato a sperimentare le prime forme di convivenza. Per me, tradizionalmente entità "spirito libero", non rappresentavano altro che forme felici di convivenza forzata dettata da necessità contingenti, tuttavia, l'alternarsi di alcuni matrimoni, quest'anno, ha definitivamente posto il problema del (mio) nostro invecchiamento generazionale. Qualcuno ha già fatto il salto "enti" - "enta", a me manca più di un anno ma gradirei non essere inserito in nessuna delle statistiche sulla crisi dei trentenni.<br /><br />Sport - stanco dei soliti movimenti in palestra mi sono convinto a iniziare un corso di box tailandese. Ho approcciato questa nuova esperienza con il giusto equilibrio di terrore e curiosità. A distanza di poco più di un mese posso dire di essere particolarmente soddisfatto dei risultati e della tipologia di allenamenti. Ho ridotto i carichi in palestra ma sono molto più "asciutto" e "strutturato" degli anni precedenti.<br /><br />Favole - un giorno, in maniera del tutto casuale e inaspettata, mi sono svegliato e mi sono accorto di avere a disposizione un paio di ali enormi.<br />Sono colorate, eleganti e - suppongo - estremamente funzionali. Non vedevo il cielo, perchè era coperto da una fitta rete di rami e di foglie dal colore approssimativo e smunto, allora mi sono armato di forbici e di una buona dose di forza di volontà e ho liberato il mio campo visivo e tutto quello che avevo intorno. L'indaco brillante del cielo ero un invito a sperimentare il fascino indiscreto di un volo annunciato perfetto, ma proprio mentre mi accingevo a fare il grande balzo mi sono accorto che c'era un filo che mi teneva legato a terra. Ho provato a reciderlo ma non ci sono riuscito, ci provo tutti i giorni e in tutti i modi ma pare che la sua esistenza sia indipendente dalla mia volontà. Alcune volte sembra essere sottilissimo, quasi sul punto di spezzarsi, altre volte è spesso, duro e, una volta, ho rischiato di farmi male.<br />Malgrado tutto, però, sono fiducioso: Prima o poi sarò libero. Non esistono cieli che la mia immaginazione non possa attraversare, non esiste nel mondo "volontà" e nel mondo "rappresentazione" nulla che possa prescindere dalla mia legittima volontà di potenza. Io ci sono.<br /><br />Esegesi della volontà di potenza: ne <span style="font-style: italic;">Il mondo come volontà e come rappresentazione</span> Schopenhauer sosteneva una tesi affascinante e magnificamente romantica per spiegare il senso del moto dell'individuo. Alla base dell'azione c'è la volontà, che, a sua volta, è alla base dell'essenza di tutte le cose. Il conflitto tra la gestione della volontà razionale, controllata e controllabile, e la volontà irrazionale, senza apparenti motivazioni, è capace di generare terribili insoddisfazioni. L'insoddisfazione, il mancato raggiungimento di una soddisfazione o l'appagamento di un desiderio raggiunto, generano noia. L'unico modo per sfuggire al circolo vizioso della noia è la <span style="font-style: italic;">noluntas</span>, l'affermazione di un principio di volontà alla cui base c'è la negazione assolutamente perfetta delle volontà molteplici. Qualche anno più tardi Nietzsche stravolge l'idea di Shopennhauer, la rende più complessa e, a mio parere, la completa. Non ha senso sfuggire alla volontà: ne <span style="font-style: italic;">La nascita della tragedia</span> Nietzsche suggerisce l'idea di accettare/sfruttare la tragicità del caos fino in fondo. La mancanza di una sovrastruttura metafisica determinata e assoluta (<span style="font-style: italic;">Al di là del bene e del Male</span>) fa assumere un ruolo fondamentale alla realtà contingente e superficiale; in questo contesto la volontà non è più un concetto metafisico (non c'è un bene assoluto o un male assoluto - una verità - su cui misurarsi) ma si cala in un contesto "interpretativo" della realtà: non esiste il mondo, non ci sono valori prestabiliti tout court, ma tante possibili infinite interpretazioni del mondo stesso. "Non esistono fatti ma solo interpretazioni". Va da se che le interpretazioni non possono essere giudicate migliori o peggiori perchè, non esistendo verità assolute, si trovano tutte sullo stesso piano. Ciò che determina l'affermazione di un' interpretazione sulle altre è la volontà di potenza, ovvero la capacità di un'idea di prevalere sulle altre.<br />La negazione della volontà di Shopenhauer, la negazione dell'eterno ritorno, si trasforma nell'esaltazione del concetto interpretativo dell' eterno ritorno stesso, dell'esaltazione del desiderio di rivivere ogni singolo istante della vita per l'eternità: "la mia formula per la grandezza dell'uomo é amor fati: che cioè non si vuole nulla diverso da quello che é, non nel futuro, non nel passato, non per tutta l'eternità".<br /><br />"Vorrei sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare<br />Non sopporto più di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale"<br /><br />Sogni Risplendono, Linea 77<br /></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-90419555266120048622008-01-26T22:00:00.000+01:002008-01-26T00:38:31.853+01:00Tempus edax rerum<div style="text-align: justify;">Così scrivevo il 9 dicembre 2007:<br />"La fine dell'anno mi costringe a una vita drasticamente ancora più ingarbugliata del solito. C'è da chiudere l'anno, c'è da fatturare, c'è da andare a cena con tutti i possibili e immaginabili clienti, vicino casa e in Sicilia. Il risultato è che arrivo alla fine della settimana completamente scarico e insensibile a qualsiasi forma di stimolo umano e psicologico. C'è da dire, poi, che questo week-end, fatto, praticamente, di 2 domeniche consecutive, non ha di certo aiutato la causa della socievolezza: a parte una fugace uscita con la sempre fedele Valeria, sono rimasto tutto il tempo a casa, con il cervello in stand-by, per consumare il 30% di energia intellettiva in meno, e il sedere ben assestato sulla sedia di fronte al pc. Mi consola il fatto che sono rimaste soltanto 2 settimane di lavoro, poi, grazie ad una splendida composizione di festività, ponti e "rossi sul calendario" sarà possibile usufruire di un periodo di ferie non inferiore a 10 giorni, un periodo in cui mi vieterò categoricamente di pensare agli affari e al business. Il medico (io) prescrive riposo assoluto e leggerezza mentale."<br />Avrei dovuto completare l'intervento sul diario il giorno successivo, il 10 di dicembre, ma, evidentemente, è successo qualcosa - che a onor del vero nemmeno ricordo - che me lo ha impedito . Poi c'è stato natale, poi capodanno, poi dei meravigliosi giorni in Trentino e poi di nuovo il lavoro, gli impegni, il rinnovato stess.<br /><br />Lo specchio mi dice che sto invecchiando. Ogni giorno mi sveglio con meno capelli sulla testa: è un fenomeno lento e, per chi mi osserva, quasi impercettibile ma accade, ed è inesorabilmente fastidioso e lesionistico. Sisto continua a negare, mi taglia i capelli con la solita saccente professionalità e sostiene, a tutta forza, la tesi della durata del mio cuoio capelluto. Sono 10 anni che gli chiedo se sto perdendo i capelli e 10 anni che mi dice sempre la stessa cosa: sono forti e non possono cadere. Si diraderanno ma non cadranno. Eppure io me ne vedo di meno. E ne vedrà di meno anche Fabrizio, mio omonimo giovanissimo vicino di casa, che, condomino diligente, mi saluta e mi da del "lei", quasi a voler sottolineare la distanza tra la mia età e la sua generazione, tra l'inizio della mia vecchiaia e la sua prosperosa adolescenza.<br />Invecchiano anche i miei genitori, in maniera più rapida e meno patetica, e io non posso che dolermi per il tempo che è trascorso e che trascorro lontano da mio padre. Un giorno sarò costretto a fare l'amaro confronto tra l'aver inseguito me stesso e l'aver tralasciato qualcosa. Inevitabilmente la bilancia del tempo penderà sul passato, infischiandosene dei risultati raggiunti e delle posizioni consolidate. Pur nella sua palese ineluttabilità questa prospettiva mi sconforta e mi intristisce.<br /><br />Giovina e Alessandra, in tempi e contesti diversi, hanno dato un' occhiata al sito e hanno trovato, con mia grande soddisfazione, la voglia di scrivermi.<br />La prima, dopo essersi giustificata/etichettata come l'intrusa e l'impicciona e dopo avermi rivolto graditissimi e immeritati complimenti (il diario non nasce per piacere ma per raccontare), mi chiede se abbia smesso di scrivere o se, magari, lo stia facendo ad un livello troppo personale per essere pubblicato. Nulla di tutto ciò: continuo a raccontare a me stesso una parte delle mia vita attraverso un tastiera e un sito, solo che sono costretto a fare i conti con il lavoro, i continui spostamenti, la realtà contingente ("non sottovalutare le conseguenze dell'amore").<br />Alessandra, invece, mi ha mandando una mail e, con pochissime parole, è riuscita a dare la migliore definizione possibile del diario: "ho letto qualche cosa in ordine sparso e mi sono resa conto che hai una piccola paranoia riguardo alla tua età...buffo... E' stato come girare per casa di qualcuno che non conosci e che ti lascia solo a casa sua...è come guardare nei tuoi cassetti..." La similitudine è calzante, io stesso non ne avrei potuto trovare una più azzeccata. Mi piace l'idea di una persona sconosciuta che, col mio permesso, entra dentro casa e, solitaria, fruga nei cassetti e nei ricordi, osserva le foto, gli oggetti, il grado di polvere che li ricopre. E' una specie di malattia mentale, un voyeurismo al contrario di cui vado enormemente fiero.<br /><br />"Quando considero il piccolo spazio che occupo, e quello che vedo perduto negli infinità degli spazi che ignoro e che mi ignorano, mi atterrisco e mi stupisco di vedermi qui, piuttosto che altrove. Che io sia oggi, piuttosto che allora..."<br />Da "Perduto Amor" di Franco Battiato.<br /></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-58383678248338975362007-11-11T22:59:00.000+01:002007-11-12T21:25:04.231+01:00Come eravamo<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnMEGvuagywfIXKmQTTzfpTbGWgRXN-QiT4cLqYflOflfU_YKdVdkTT65_TJ8Zp-UOQS_nRtiTKFBwERO5am8-rxyUVdUdYDL490qFtHm14B7Z-BBrnJX5VTNcuzVyWstztj3obHIsde6S/s1600-h/fabrizio+pc.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 254px; height: 169px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnMEGvuagywfIXKmQTTzfpTbGWgRXN-QiT4cLqYflOflfU_YKdVdkTT65_TJ8Zp-UOQS_nRtiTKFBwERO5am8-rxyUVdUdYDL490qFtHm14B7Z-BBrnJX5VTNcuzVyWstztj3obHIsde6S/s320/fabrizio+pc.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5131719132682662466" border="0" /></a>Capita, facendo parte di una serie di mailing list lavorative, di ricevere e-mail con presentazioni, foto e storielle curiose. Le mandano i colleghi che stanno tutto il giorno di fronte al pc, hanno un "front desk partner" che parla poco e hanno sempre voglia di fuggire in qualche sperduto paese tropicale o, in alternativa, ti invitano ogni sera a fare aperitivi improbabili in posti frequentati da gente improbabile e in orari altrettanto improbabili (soprattutto per chi va tutti i giorni in palestra). Di solito non apro nemmeno questo tipo di mail: leggo l'oggetto, verifico che l'anteprima non contenga qualche subliminale messaggio lavorativo, e cancello immediatamente. Giovedì scorso ho ricevuto un' e-mail di questo tipo, nell'oggetto c'era scritto "come eravamo". Il riferimento al passato ha stuzzicato un pò la curiosità e, siccome non conteneva il solito fastidioso allegato, l'ho aperta e l'ho letta. Un autentico reperto di archeologia adolescenziale: meravigliosa! E allora, sarà che tra un pò sarò costretto a dire "sono del 79 - si- ho 28 anni", sarà che è arrivato l'inverno, sarà che è domenica e che piove, ma oggi m'è ritornata in mente e ho pensato di riportarla qui, per evitare che venga inesorabilmente sotterrata dalle altre mail.<br /></div><br /><div style="text-align: justify;">Come eravamo:<br />Noi che giocavamo a Forza 4.<br />Noi che giocavamo a nomi, cose, animali, città.. (e la città con la D Era sempre Domodossola).<br />Noi che ci mancavano sempre quattro figurine per finire l'album Panini.<br />Noi che avevamo il 'nascondiglio segreto' con il 'passaggio segreto'.<br />Noi che ci divertivamo anche facendo "Strega comanda color".<br />Noi che giocavamo a 'Merda' con le carte.<br />Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la bic.<br />Noi che avevamo i cartoni animati belli!!!<br />Noi che litigavamo su chi fosse più forte tra Goldrake, Mazinga, Daitan3, Gundam, Astro-Robot e Daltanious.<br />Noi che "Si ma Julian Ross se solo non fosse malato di cuore sarebbe piu forte di Holly e Mark Lenders..."<br />Noi che guardavamo "La Casa Nella Prateria" anche se metteva tristezza.<br />Noi che le barzellette erano Pierino, il fantasma formaggino o un francese, un tedesco e un italiano.<br />Noi che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.<br />Noi che si andava in cabina a telefonare.<br />Noi che c'era la Polaroid e aspettavi che si vedesse la foto.<br />Noi che non era Natale se alla tv non vedevamo la pubblicità della Coca Cola con l'albero.<br />Noi che se guardavamo tutto il film delle 20:30 eravamo andati a dormire tardissimo.<br />Noi che suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.<br />Noi che ci sbucciavamo il ginocchio, ci mettevamo il mercuro cromo, e Più era rosso più eri figo.<br />Noi che nelle foto delle gite facevamo le corna e eravamo sempre sorridenti.<br />Noi che quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa in tuta.<br />Noi che a scuola ci andavamo da soli, e tornavamo da soli.<br />Noi che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, la mamma te ne dava 2.<br />Noi che se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, a casa era il terrore.<br />Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.<br />Noi che il "Disastro di Cernobyl" vuol dire che non potevamo bere il latte alla mattina.<br />Noi che si poteva star fuori in bici il pomeriggio.<br />Noi che se andavi in strada non era così pericoloso.<br />Noi che però sapevamo che erano le 4 perché stava per iniziare BIM BUM BAM.<br />Noi che sapevamo che ormai era pronta la cena perché c'era Happy Days.<br />Noi che il primo novembre era 'Tutti i santi', mica Halloween.<br />Noi che a scuola con lo zaino Invicta e la Smemoranda.<br />Noi che se la notte ti svegliavi e accendevi la tv vedevi il segnale di interruzione delle trasmissioni con quel rumore fastidioso.<br />Noi che abbiamo avuto le tute lucide che facevano troppo figo.<br />Noi che all'oratorio le caramelle costavano 50 lire.<br />Noi che si suonava la pianola Bontempi.<br />Noi che la Ferrari era Alboreto, la Mc Laren Prost, la Williams Mansell, la Lotus Senna e Piquet e la Benetton Nannini e la Tyrrel a 6 ruote!!!<br />Noi che la merenda era la girella e il Billy all'arancia.<br />Noi che le macchine avevano la targa nera..i numeri bianchi..e la sigla della provincia in arancione.<br />Noi che guardavamo allucinati il futuro nel Drive In con i paninari.<br />Noi che il Twix si chiamava Raider e faceva competizione al Mars.<br />Noi che abbiamo passato belle serate in bagno dopo Colpo Grosso (per gli ometti!!!).<br />Noi che giocavamo col Super Tele.<br />Noi che il tango costava ancora 5 mila lire e..."stai sicuro che questo non vola...".<br />Noi che le All Star le compravi al mercato a 10.000 lire e c'erano le Nike Legend e le Clarck azzurre.<br />Noi che tiravamo le manine appiccicose delle patatine sui capelli delle femmine.<br />Noi che abbiamo avuto tutti il bomber blu/verde con l'interno arancione e i miniciccioli nel taschino.<br />Noi che se eri bocciato in 3° media potevi arrivare con il Fifty o il Cobra truccato ed eri un figo della Madonna!!!<br /><br />NOI CHE SIAMO ANCORA QUI E CERTE COSE LE ABBIAMO DIMENTICATE E SORRIDIAMO QUANDO CE LE RICORDIAMO<br />NOI CHE SIAMO STATI QUESTE COSE E GLI ALTRI NON SANNO COSA SI SONO PERSI!!!<br /><br />Il finale, tutto maiuscolo, è veramente patetico, ma tutto il resto rende l'idea della rivoluzione del cambiamento generazionale che quelli della mia età stanno vivendo o hanno vissuto. E calcolando che ho sorriso al 95% dei "ricordi" posso tranquillamente affermare che sto invecchiando.<br /><br />La notte mi addormento con il sorriso stampato sul viso: sogno processi di koalizzazione che national geographic manco si immagina.<br /><br /><span class="testo">"Tu sai come farmi uscire da me,</span><br /><span class="testo">dalla gabbia dorata della mia lucidità;</span><br /><span class="testo">e non voglio sapere quando, come e perchè questa meraviglia alla sua fine arriverà.</span><br /><span class="testo">e sai come prenderti il bello di me</span><br /><span class="testo">mettendo a riposo la mia irritabilità;</span><br /><span class="testo">e non voglio sapere come riesci e perchè: è una meraviglia, e finchè dura ne godremo insieme."<br /><br /></span>Musa, Marlene Kuntz</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-89668187600413567562007-10-13T13:34:00.000+02:002007-10-13T13:40:07.001+02:00Inutili noiosi pretesti<div style="text-align: justify;">Sta diventando molto più semplice abbandonarmi ad una specie di catatonico e dannoso dolce far niente che scrivere sul diario. I motivi - mi dico - sono diversi e rintracciabili nella cattiva gestione sia del tempo libero che di quello apparentemente occupato. A voler essere sinceri, però, la verità è che, da qualche tempo a questa parte, faccio un'estrema fatica a confrontarmi con me stesso , faccio fatica a dover ammettere di avere commesso, per l'ennesima volta, errori prevedibili e calcolabili, di avere esageratamente esasperato alcuni sentimentalismi latenti, infettando definitivamente quanto di buono mi sarei dovuto limitare ad apprezzare e, in ultima istanza, semplicemente vivere. Sono confuso, e tutto ciò che mi circonda non mi è d'aiuto.<br /><br />Ho fatto le analisi del sangue. Risultato: imperfetto. Proprio quando pensi di essere invincibile qualcosa ti riporta alla dura realtà, allo status di essere naturale, fallibile e fatalmente inefficiente. Se il mio cuore va come fosse una gucciniana locomotiva (57bpm/s a riposo che manco un atleta...), il mio sangue trasporta un eccesso di colesterolo e bilirubina assolutamente non ammissibili e giustificabili. Sfruttando la potentissima rete delle mie conoscenze ospedaliere, nonchè l'abilità diagnostica del mio medico di famiglia (ciao Papà), mi sono fatto fare pure un ecografia. Cosa c'è che non va, dunque? Apparentemente nulla, la bilirubina è leggermente più alta del valore soglia massimo ma è un fenomeno normale, previsto e ampiamente dimostrato in letteratura (anche se io continuo a sostenere che sia semplicemente un eccessivo consumo di jaghermainster). Il colesterolo (193mg/dl) invece ha natura, a quanto pare, genetica. Malgrado l'estremo rigore applicato alle mie abitudini alimentari il mio fisico non riesce ad espellere i grassi e li manda liberi in giro nel sangue, come fossero bambini in un cortile di un asilo nido. Gli scienziati della medicina mi hanno suggerito di continuare la virtuosa via degli allenamenti in palestra, di vita sana e di cibi leggeri e fat-free. Non si è fatta nessuna menzione ai super-alcolici ma ho provveduto io stesso a ridurli all'osso. Tra 10 anni inizierò ad entrare nella cerchia di persone ad alto rischio di necrosi ischemica del tessuto cardiaco su base ateromatosa coronarica con stenosi severa, in parole povere sarò a rischio di infarto. Nulla di piacevole, anche se il fascino di sapere oggi che entrerò, tra 10 anni, a far parte di una categoria di soggetti a rischio mi permette di preventivare strategie ulteriormente conservative e migliorative del mio sistema cardiovascolare. Il primo che mi dice qualcosa quando scelgo i cibi (niente grasso, please) e "viviseziono" la carne affronterà la mia ira sincera e giustificata. Che stessero in campana.<br /><br />Una delle mie ex amanti si è comprata casa. Sono felice di saperla contenta ma l'affare mi ha messo una sana dose di tristezza generazionale addosso. I motivi sono 2, uno di natura - diciamo - temporale, l'altro di natura psicologica. Per prima cosa è più giovane di me, e mentre io vivo con quello che è rimasto del mio nucleo familiare lei sciala in una casa tutta sua. In secondo luogo ha avuto la spocchiosa presunzione di legarsi ad una città malata (Milano), mentre io non ho capito ancora dove e con chi voglio vivere. La casa, la chiesa. Cattolico decoro e banale presupposto di indipendenza e adattabilità.<br /><br />Quando mi capita di conoscere persone nuove e attraenti sono preda di un eccezionale entusiasmo. Ho la netta sensazione di esplorare il fascino della presunzione della fiducia reciproca, delle evocazioni dei trascorsi non comuni. E' un modo che permette di abbandonare i propri avamposti patetici, che offre l'opportunità dell'incantevole competizione tra due emotività fino ad allora fatalmente misteriose. Esegesi della contemporaneità: proprio dove pensavo che fosse impossibile ho incrociato due frammenti di ghiaccio che il sole non può sciogliere.<br /><br />"Venivi dall'atrio del cuore<br />portando le chiavi del sole<br />domani faremo l'amore<br />e niente potrà mai cambiare<br /><br />Di questo rimase il rumore<br />d'un sogno che come nel mare<br />si infrange su nere scogliere<br />d'un nero che può cancellare<br /><br />Si dice che il sogno dell'uomo<br />è far si che il proprio domani<br />sia senza calar del Sole<br />ma dimmi com'è senz'amare?<br /><br />Ma i sogni son figli del cuore<br />creati in quanto dolore<br />spogliati della loro ragione<br />per questo mandati a morire"<br /><br />Verne, Novembre.</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-87518210935242744072007-08-30T22:52:00.000+02:002007-08-31T17:47:45.926+02:00Claudia Cardinale da giovane<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSZdCzpgogTc5X5RBsa6ROkolYTlYgmA6lf_fzK6ggDxqCMtYksJQQT1cY7E-WmSpjgqMdfAMjN68-ma3JhMzQoi_1sCIYerekcxGmGszol9N3oOeX_flq1IIpVcqEoQt84XZlp12LR4A0/s1600-h/mykonos3.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 272px; height: 204px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSZdCzpgogTc5X5RBsa6ROkolYTlYgmA6lf_fzK6ggDxqCMtYksJQQT1cY7E-WmSpjgqMdfAMjN68-ma3JhMzQoi_1sCIYerekcxGmGszol9N3oOeX_flq1IIpVcqEoQt84XZlp12LR4A0/s320/mykonos3.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5104624620304583618" border="0" /></a>"In autostrada, pensava Vittorio, per chi guida tutto è davanti. Ai lati non si può guardare, non si può girare la testa e osservare, fissare, scrutare, tutto quello che scorre lungo i finestrini viene percepito con la coda dell'occhio ed è tutto uguale. Guardrail di cemento grigio, lungo, piatto e compatto come un muro. Strisce di metallo concavo segnate ogni tanto dal foruncolo rossastro di un catarinfrangente. Siepi squadrate di rami verdi, selvagge di di fiori malati. Barriere di plexiglas. Più lontane di un sedile quelle a destra, attaccate all'orecchio quelle di sinistra. Il cielo invece, la strada, il paesaggio, è tutto davanti, inquadrato dal grandangolo del parabrezza come in un televisore senza fondo, in cui la vista si infila dritta fino all'infinito. Tutto davanti. Anche quello che sta dietro, scorre in alto, stretto nel rettangolo dello specchietto retrovisore e per vederlo devi comunque guardare avanti". A questa frase di un libro di Lucarelli pensavo tornando a Roma. Accadeva in Agosto, il 19. E' stata la fine delle ferie, probabilmente le più belle e le più intensamente vissute dalla fine dell'inizio della mia personale età della ragione.<br /></div><br /><div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjW4lhjLlV0icDgweeDlJOFI1B3oXWzsX_guPl_CIe6gb2e34IpltoLv_0qlN0XHn0AYXVl5UZqWMSiXxaip0iRB4t2V0g1asDhfFxms30ZKgKvWGDIbyxsV8L7Ak1WaiSuhWfywyz6A-Fv/s1600-h/mykonos1.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 268px; height: 201px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjW4lhjLlV0icDgweeDlJOFI1B3oXWzsX_guPl_CIe6gb2e34IpltoLv_0qlN0XHn0AYXVl5UZqWMSiXxaip0iRB4t2V0g1asDhfFxms30ZKgKvWGDIbyxsV8L7Ak1WaiSuhWfywyz6A-Fv/s320/mykonos1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5104622348266884002" border="0" /></a>Mykonos mi ha regalato una tale quantità di emozioni che farei un torto ai ricordi già solo cercando di produrre descrizioni, inevitabilmente grossolane, di quello che è stato. Ho amato il clima, l'incantevole suggestione delle spiaggie dorate, il freddo del mare cristallino. Ho conosciuto persone splendide, e di ognuna di esse porto con me un ricordo più o meno importante. Ho vissuto, per la prima volta, una settimana di ferie con la "straordinaria" consapevolezza di "essere in ferie".<br /><br />Sono tornato a Roma (una Roma tutt'altro che deserta) il 3 Agosto. Il giorno dopo la mia macchina solcava veloce l'asfalto rovente della A3 Salerno-Reggio Calabria e, benchè fossi solo e a contatto col mio ufficio mobile, non ho pensato nemmeno un istante al lavoro: ancora ferie, incredibile! Purtroppo, però, le 2 settimane a Soverato sono trascorse ancora più velocemente che quella in Grecia, lasciando umori agrodolci e immagini in bianco e nero. La Calabria, da un pò di tempo, non fa altro che regalarmi emozioni fortissime e contro-emozioni altrettanto potenti, sostanziali e violente contraddizioni di cui un pò - a volere dirla tutta - mi sono stancato.<br /><br />Dal 20 sono ritornato a lavoro. Clima tropicale e città deserta. Purtroppo me la sono goduta pochissimo, perchè ho trascorso 2/3 di questi primi 10 giorni più in Sicilia che a Roma. Sono rientrato oggi ma è rimasto solo il clima tropicale. Il traffico e la vita sono praticamente all'85-90% degli standard invernali. Per fortuna ha riaperto Sisto e mi sono potuto tagliare i capelli poco prima che chiudesse (con l'abito, perchè "si te vai a cambià se fanno l'8 meno 10 e nun ja famo"). Mai come in questo periodo la mia vita si compone di piccole soddisfazioni.<br /><br />" la mia è solo una<br />delle tredici solitudini possibili<br />ed è curabile<br />con gocce di Minias e Serenase<br /><br />la mia è solo paura<br />delle ovvie conseguenze inevitabili<br />è il mio sognare<br />di non averti davvero mai incontrata"<br /><br />Tredici, Valentina Dorme.</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-86196101120781814092007-07-15T19:40:00.000+02:002007-07-15T23:20:55.177+02:00Stile libero<div style="text-align: justify;">I piedi sollevati e appoggiati sulla scrivania fino a fare male, il ventilatore a creare refigerio, lo sguardo vitreo e inespressivo concentrato sul nulla peggiore, una fame sconvolgente dettata dai rigori di un regime alimentare che non permette eccezioni (se non per lo jagermeister), lo stesso messaggio inviato e riletto un milione di volte. Questa è la fine della mia domenica di metà luglio.<br />Eppure la giornata è scivolata piacevole e leggera come una barchetta di carta su un fiumiciattolo di campagna. Mi sono svegliato con poche ore di sonno addosso ma con una buona dose di energia e con una vitalità di altri tempi. Ho fatto colazione e sono andato in piscina, con amici e amiche eccellenti e in un ambiente che, per tradizione, mi rende sereno (il blu dell'acqua della piscina trasmette imperturbabilità). Ho pranzato con un gelato e così ho anche evitato i sensi di colpa dei luculliani banchetti della domenica a cui le donne di casa mi hanno abituato.<br /><span style="font-style: italic;">Parola d'ordine: serenità</span>.<br /><br />Fare totale affidamento sulle proprie energie, e costruire universi di riferimento in base ad una propria coerente condotta, genera una specie di stravagante set cinematografico, in cui gli oggetti e i soggetti parlanti hanno una propria funzione latente, imprescindibilmente vincolata alla volontà di colui che li ha collocati e che li dirige. Si stabiliscono le regole, si stabilisce cosa è bene e cosa è male, si assegnano ruoli e responsabilità. Si gira, in sostanza, un film che non finisce mai o - meglio ancora - una pellicola vittima della sua stessa ciclicità.<br />Tutto ciò è perfettamente compatibile con lo stile di vita e l'identità culturale delle persone con una forte sensazione di determinazione sociologica individuale: l'errore calcolabile (o calcolato) non è da considerarsi errore in senso stretto, l' imprevisto è previsto nella scala dei potenziali imprevisti.<br />Nella mente quasi malata della categoria di queste persone (di cui mi onoro di far parte) sembrano non esistere spazi da colmare, ma solo piccole partiture da completare, a volte quasi a casaccio. Chi, dunque, se non la propria ottusa determinazione (in altre parole, se stessi) è responsabile di questo noioso e ripetitivo teatrino?<br /><span style="font-style: italic;">Ieri notte ho avuto un'intuizione.</span><br />Esistono emotività per le quali sono in grado di rinunciare a me stesso. Di superare me stesso.<br /><br />"Ma io volevo dirti non mi importa, non importa. Quello che mi prendi, quello che mi lascerai, sono le parole nostre non rubarle mai. Solo le parole nostre...non rubarle mai"<br />Leggere parole, Perturbazione.</div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2328471766251197823.post-25432754570813961662007-06-30T13:13:00.000+02:002007-06-30T15:47:27.840+02:00Migrazioni decadenti<div style="text-align: justify;">Non ce l'ho fatta a resistere al fascino della semplicità nella modifica delle pagine web, al risparmio dei costi nella gestione del server mysql e alla possibilità di inserire delle foto nel testo e sono passato a google, che un aiuto lo da a tutti e senza chiedere nulla.<br /><br />Sono passati diversi mesi dall'ultimo aggiornamento del sito e ho pensato che fosse necessario un restyling. Mi sono messo un pò al lavoro ma la tecnica è peggiorata e il mio cervello non è più libero come una volta. La creatività, per fortuna, è sopravvissuta a questo stillicidio e in tempi rapidissimi (meno di 10 minuti, giuro) sono riuscito a mettere in piedi questa paginetta.<br /><br />Gennaio-Giugno è stato black-out. Problemi con le compagnie telefoniche, lettere di avvocati, fax e incazzature ai call center. Alla fine ce l'ho fatta ma con perdite ingenti per il povero diario, che non vede aggiornamenti e puntate dalla metà di Gennaio.<br />Eppure di cose me ne sono capitate e il non averle scritte, in qualche modo, non mi ha mai consentito di completare quel processo di somatizzazione che sarebbe auspicabile per tutte le situazioni che hanno almeno un 30% di coinvolgimento emozionale.<br /><br /></div>Metafora del semestre: Ho spezzato un fiore e vinto il caos, ma nè dell'uno nè dell'altro conservo memoria.<br /><br /><div style="text-align: justify;">Lo scorso fine settimana sono stato in Svezia, da <a href="http://www.francescoinsvezia.net/">Francesco</a>, un mio amico ed ex collega di università che ormai vive lì da diversi anni.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgm_DJDs9uU0UiYtA6s8HbSCBOViZ3JmEVRgUz6U4F6wQvFbmoWQdoDziffJAn6hRGomvwVb13uM8aR_LyVJ9MbVR7uKyw5ys8E8RIH0kwqUc_0c3SnJyXeb1m5fL3REGoi15KgwlE2OyDk/s1600-h/malmo1.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 250px; height: 187px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgm_DJDs9uU0UiYtA6s8HbSCBOViZ3JmEVRgUz6U4F6wQvFbmoWQdoDziffJAn6hRGomvwVb13uM8aR_LyVJ9MbVR7uKyw5ys8E8RIH0kwqUc_0c3SnJyXeb1m5fL3REGoi15KgwlE2OyDk/s320/malmo1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5081843756595444578" border="0" /></a><br />Avevo voglia di vedere il suo stile di vita, l'idea che si era fatto della lontananza, la percezione che gli svedesi potevano avere di un italiano immigrato. Francesco prenderà tra poco la cittadinanza svedese, lavora a Copenhagen, parla un pò danese, un perfetto inglese e, per quel poco che mi è sembrato di intuire, un ottimo svedese, guadagna il doppio di me, è riuscito a comprarsi un appartamento grazioso, gira con i mezzi pubblici, frequenta locali con ragazze bellissime (qualcuna è anche sua amica) e non ha nessuna intenzione di ritornare in Italia. Io non ci potrei mai vivere in Svezia, perchè fa freddo tutto l'anno e perchè il giorno e la notte hanno una ciclicità di luce completamente sballata (faceva buio alle 23 e giorno alle 3 e mezza) ma la sua esperienza ha lanciato il mio spirito di giovane in cerca di folgoranti carriere verso prospettive affascinanti e mai pienamente valutate.<br />Mi sono dato ostacoli e termini, chi vivrà vedrà.<br /><br />Ho capito che la vita, come si dice della storia, è fatta di corsi e ricorsi e che a volte è sufficiente aspettare perchè certe cose accadano. E' chiaro che non si tratta di "predeterminazione", perchè il tempo offre una sorta di libero arbitrio, ma è come se tutto fosse vincolato nel turbinio della ciclicità degli eventi. Non posso influenzare il meccanismo del movimento circolare, perchè ne faccio parte e lo subisco, ma, contemporaneamente, posso decidere cosa affrontare e cosa trascurare, posso attribuire priorità e stabilire fabbisogni: ho il controllo del flusso della forza.<br /><br />"...la tristezza non prevale su me, col canto la tengo lontana. Le giornate si allungano, sto aspettando l'estate. Anche se non ci sei tu sei sempre con me, per antiche abitudini, perchè ti rivedrò dovunque tu sia."<br /><br />Aspettando l'estate, F. Battiato<br /></div>Fabrizio Laganihttp://www.blogger.com/profile/14310327439884144415noreply@blogger.com1