martedì 31 agosto 2010

Aderenze (parte II)

Vivere senza l'assurda pretesa di dover pensare. Oggi pomeriggio, all'improvviso, mi sono fermato a riflettere sulla persona che ero. E' stato un momento di grande stanchezza, dopo un lavoro senza particolare rilevanza (anche un lavoro di marketing, malgrado l'apparente creatività che l'espressione suscita nelle persone poco predisposte al business, ha delle lunghe parentesi di noia). Ho appoggiato la testa sulle mani, con i gomiti ben posati sul tavolo, nel tentativo riuscito di frenare il peso della spossatezza. Ad occhi chiusi, in un buio ipotetico, ho ritrovato una parte di quello che ero. Inevitabilmente ho sentito subito la percezione dell'inutilità di tante esperienze che credevo importanti. Vedere, sentire, ricordare o dimenticare: tutto questo si è confuso in un vago dolore ai gomiti e alle mani, in mezzo al solito mormorio tranquillo dell'ufficio in cui lavoro. E' molto difficile riuscire a capire se certi spasmi interiori, proprio per la genesi ambigua e superficiale che hanno, abitino nell'anima o nel corpo, se nascono da un'analisi sistemica della vita o da una più umana e banale indisposizione organica. Che sia stato il pranzo e le poche ore di sonno o le riflessioni di quel momento poco importa: fatto sta che, per un pò, il mio pomeriggio si è riempito di un vago senso di nausea esistenziale.
Ho drammaticamente preso consapevolezza del come sono esistito: l'approccio ad alcune emozioni ha assunto i contorni di un inganno dozzinale (come alcuni palazzi in alcune periferie che non abbiamo il pudore di ricordare) e palesemente malato. Ancora adesso, mentre scrivo, mi stupisco di quello che ho provato prendendo consapevolezza di quello che sono. Mi stupisco di tutto quello che i miei occhi non sono riusciti a vedere. Le idee più radicate, i miei gesti più convinti, le mie preposizioni morali altro non sono state che un inganno metodologico, un'ebbrezza istintiva, una colossale ignoranza.
A trent'anni ormai ampiamente consolidati ho imparato, sulla mia pelle mai stata così liscia, che possono esistere rivoluzioni molto più significative di quelle generate dall'ambizione senza eleganza di una vita che, nel tentativo di correre più veloce, perde i suoi frammenti più pregiati. Il senso più intimo della mia intera esistenza abita nelle aderenze dei nostri incantevoli risvegli, nelle dolcissime carezze, nelle complicità, nelle lacrime e nell'affascinante disperazione dei distacchi che ancora non ho imparato completamente ad accettare ma che ho l'onore di celebrare ogni volta che i miei occhi impazienti si posano sulle tue labbra adorabili. La mia rivoluzione autentica è in ognuno dei tuoi sorrisi migliori. L'inizio di un universo in costante espansione. In cui vivo e mi perdo. Meravigliosamente.