sabato 24 luglio 2010

La verità degli occhi

La voce profonda e l'intimità del basso di Emidio Clementi rendono meno vagamente approssimativo questo risveglio di fine luglio. Il suono del cellulare/sveglia non ha fatto in tempo a violare i miei sogni, l'ho preceduto, come spesso capita, e mi sono alzato con la stessa sensazione di dozzinale rumore di fondo con cui ero andato a dormire. Ho lo stomaco chiuso ma riesco ugualmente a ingurgitare 2 biscotti al cioccolato ormai sciolti dal caldo e uno yogurt. E abbiamo camminato incontro a tramonti muti che si ha pudore di guardare e abbiamo dimenticato i nostri corpi inadeguati, sperduti, abbiamo riso. Le nuvole sono immobili e senza contorno... Il sole sembra aver perduto lo splendore degli ultimi giorni, la lenta ripresa dei sensi mi fa percepire un odore affascinante e malinconicamente evocativo: qualche goccia di pioggia sta bagnando la terra. Qualche goccia di pioggia mi ricorda che l'estate sa di non poter essere perfetta. Recupero lo stendino in terrazzo, fortunatamente la pioggia non ha toccato ancora la biancheria e, siccome è asciutta, decido di raccogliere tutto.
Non è quasi mai capitato nei momenti importanti, ma nelle esperienze (e la raccolta dei panni è una di queste) che reputo le meno significative e più deprimenti della mia esistenza sono quasi sempre drammaticamente solo.

Le cose non riescono a trattenere i colori. Dentro questa foto gli oggetti sono solo macchie incerte dai colori differenti... Uno dei ricordi più forti che conservo del mio nonno paterno è il contrasto tra quella che - non faccio nessuna fatica a immaginare - era stata un'esistenza difficile, dettata dalla privazioni della guerra e dalle esigenze basilari di una famiglia più o meno numerosa, e la tremenda infinita dolcezza del suo viso ormai ineluttabilmente invecchiato. Una pesante contraddizione tra il risultato della severità degli anni migliori e le infinite dolcissime lacrime che versava ogni volta che io o mia sorella andavamo ad abbracciarlo.
Credo che esista un filo genetico e psichico che lega le generazioni maschili della mia famiglia. Ci sono emozioni perfette che non imparerò mai a gestire nella maniera più razionale, e non possono non rimanere estasiato di fronte alle infinite varietà di colori che si imprimono, con una forza e un vigore sbalorditivo, sulle pagine dei fogli delle mie esperienze.

Ci sono uomini che piangono spesso e altri che non verseranno mai lacrime. Io appartengo alla prima categoria.

martedì 6 luglio 2010

Aderenze

Domenica è un giorno strano per iniziare un viaggio di lavoro. Il parcheggio multipiano è praticamente libero e la prima vera stranezza è riuscire a parcheggiare a pochi metri dal terminal. La seconda sono le persone che frequentano l'aeroporto, i gruppi di vacanzieri che tornano da qualche villaggio esotico (o presunto tale), il loro colorito inusuale, i bagagli stracolmi caricati sui carrelli (dai quali pendono gadget e cappelli la cui forma, il buon gusto che mi porto dentro, mi impedisce di ricordare), e la quasi totale assenza di gente vestita come me: abito blu e camicia (senza cravatta) malgrado i 40 gradi all'ombra che Roma regala ai propri calpestatori durante questo periodo dell'anno.

Il volo atterra alle 22 e ovviamente arrivo a destinazione con una buona dose di ritardo. Catania mi accoglie silenziosa ma vivamente disordinata. Manco da questa città da febbraio e faccio fatica a ricordare l'ultima volta che ho percorso quelle strade, c'è un traffico muto e forzatamente rassegnato. "E' gente che torna dal mare", mi spiega l'autista. Rinuncio a fargli domande o a simulare interesse per l'andamento disordinato degli altri veicoli, perchè capisco subito che è uno che ha la logorrea latente e io non ho nessuna voglia di parlare a vuoto. Tiene una media di 30km/h, fa strade assurde e alla fine mi ruba 50 euro. Per quanto la disprezzi, l'italica forma di fregare/non fregare il prossimo ha un fascino meschino che non posso fare a meno di ammirare.

In hotel, come al solito, sono accolto calorosamente. La cucina è chiusa ma, da ospite abituale quale sono stato, mi propongono qualsiasi cosa io abbia voglia di mangiare. Rinuncio a costringere il cuoco allo straordinario e ordino un piatto freddo e un bicchiere di vino bianco. Lascio colmo il cestino di pane, separo, da provetto chirurgo, la parte grassa del prosciutto da quella magra e la avvolgo nel melone. Non sono un goloso, il cibo non mi ha mai dato soddisfazioni, ho lo stomaco completamente chiuso ma riesco ugualmente a trovare conforto in quello che ingurgito. Sorseggio il vino e racconto ad un'eccitata Kema gli ultimi 3 mesi della mia vita. L'entusiasmo che ho nel raccontarmi e il modo con cui ripercorro le emozioni e i ricordi stemperano l'angoscia delle ultime ore.Pensavo, a 30 anni, di avere imparato a gestire, almeno da un punto di vista teorico, un'ampia varietà di turbamenti possibili e dover riconoscere a me stesso di non avere la minima capacità di gestire i distacchi non è che l'ennesima meravigliosa novità emotiva di questi ultimi tempi. Sarebbe un errore considerare queste mutate capacità di osservazione come una rivoluzione in senso stretto, perchè in fondo sono figlio di quello che sono stato e delle esperienze che ho vissuto, ma ho una protesi emozionale fiammante e straordinariamente efficace e tutto il vecchio e scontato mondo che ricordavo, visto con questi nuovi occhi, sublima ogni giorno affascinanti paradigmi meta-sensazionali.

Aderenze è il nome che ho dato al nostro personalissimo modo di vivere le quotidiane complicità. Di tutto il resto, futuro compreso, mi faccio beffe, perchè un presente così non era prevedibile nemmeno nelle favole a più lieto fine. Inevitabilmente e indipendentemente dal resto, tutto questo sarà sempre poesia. Pura sublime poesia.

Essere padroni di se stessi calma questo tempo dei gesti, essere padroni di se stessi celebra i ritorni ma non sazia...
I ritorni, Amor Fou